Mimmo & Spina prendono il volo E l’Italia decolla anche sulle fasce
Da alternative a uomini chiave Berardi e Spinazzola, che salto
Eredi
Uno corre sulla scia dei Cabrini e dei Maldini, l’altro su quella dei Causio e dei Bruno Conti Maestri
Cresciuti con Gasp, Di Francesco e De Zerbi ora trovano in Mancini il loro “rifinitore”
Il loro momento è adesso, non presto ma neanche così in là da doversi sentire in ritardo. Il momento di Leonardo Spinazzola e Domenico Berardi è stato venerdì sera: loro due, quelli che hanno messo la Turchia all’angolo, che l’hanno picchiata dai fianchi e sui fianchi, dove poteva fare più male. Dal primo minuto Spina, come un diesel Mimmo, perché lui è come il gioco di Mancini: magari non subito, ma prima o poi il frutto di tanta semina diventa raccolto. Gli eredi legittimi di una tradizione molto nostra, che in Nazionale ha sempre trovato diritto e libertà di espressione: le ali che prima ci fanno volare e poi sognare. A sinistra, dove il Mancio dice a Spinazzola di affondare senza remissione, hanno disteso la gamba fra gli altri Cabrini, Maldini, Grosso. A destra, dove con il Mancio decolla Berardi, negli ultimi quarant’anni abbiamo avuto Causio, Bruno Conti, Donadoni, Camoranesi.
Destino comune Avvolti, più che travolti, da un insolito destino: Berardi e Spinazzola esterni diversi rispetto al comune immaginario del ruolo, in una squadra che gioca un calcio diverso. Dove ognuno ha un ruolo, ma in tanti ne hanno più di uno, inteso come posizione, nel corso della stessa partita. Protagonisti inattesi, in un certo senso: diciamo fino a qualche tempo fa, quando si sono presi maglia e metri di campo. La fascia destra sembrava proprietà di Federico Chiesa, mentre a sinistra dallo scorso ottobre a marzo aveva sgasato quasi sempre Emerson, nonostante al Chelsea fosse già investito dal suo vortice di bassa pressione. E’ il destino, anche quello, di chi gioca per Mancini: nelle scelte del c.t.non c’è un ordine stabilito a priori, se non quello di principi di gioco inderogabili. Compreso il loro dialogo da esterno a esterno, il primo padre del gol del 2-0 alla Turchia.
I maestri educatori Anche in questo Berardi e Spinazzola hanno avuto una sorte comune, diventata personale plusvalenza: tecnici che li hanno educati al calcio che vuole Mancini, allo spirito che chiede ai suoi giocatori. Gasperini cinque anni fa non metteva briglie al cavallo che c’è in Spina, al massimo lo frenava se si imbizzarriva troppo indisciplinato: forse memore di un passato da quasi attaccante, che accomuna la sua parabola a quella che fu di Fabio Grosso. Di Francesco arrestava gli allenamenti quando Mimmo invece di puntare l’uomo fino in fondo si fermava a cercare altre soluzioni. De Zerbi ne ha raffinato l‘istinto da solista, spiegandogli i tempi di un coro.
Quando Mancini ha visto che anche quel processo era completato, ha creduto in Berardi forse anche più di quanto Berardi stesso avesse fatto prima.
Moderno Gigi Riva Ragazzino cresciuto fra calcetto e calcio di strada, dove si impara a correre con la palla attaccata al piede, oggi è un ragazzo che non fa dannare più chi, guardandolo irrisolto, sospirava «con le qualità che ha, dovrebbe giocare nel Real Madrid». E invece restava al Sassuolo: un moderno Riva, più perché potrebbe segnare un Europeo come fece Gigi nel ‘68 che per il rifiuto di lasciare Cagliari per la Juve. Perché Berardi non ha rifiutato nulla, in realtà: quando la Juve chiamò forte, sentiva più forte l’istinto di onorare l’Europa raggiunta con la sua squadra che la certezza di essere pronto al salto. Il sorriso di Leo Quello che
Spinazzola, con la Juve, non ha mai fatto davvero: prima esule in giro per l’Italia, poi prigioniero di una stagione ondivaga non solo per lui, poi romanista, interista per qualche ora del gennaio 2020, oggi giallorosso e chissà se per sempre, al momento si direbbe di sì. Di sicuro è una certezza per Mancini: hanno temuto insieme che questo Europeo potesse diventare all’improvviso un miraggio, ma ci hanno creduto perché il c.t. fa così, ha fatto lo stesso con Verratti. E oggi Leo sorride, mostrando i denti che un bite ha disciplinato per aiutarlo a migliorare la postura, anche quando gli parlano di salute che deve assisterlo. E’ stato un suo tabù, forse ormai sente di poter parlare al passato anche di quello. Finalmente.