Rummenigge
È L’OKTOBERFEST ANTICIPATA A GIUGNO DEL MIO BAYERN»
arl-Heinz Rummenigge lascia il Bayern ma non il calcio. Quarant’anni nel club di Monaco, 10 da giocatore e 30 da dirigente, 60 titoli festeggiati sugli 80 in totale nei 121 anni di storia della società: «Sono nell’Esecutivo Uefa e sarò impegnato anche per l’Eca, l’associazione dei club. Dobbiamo decidere come andare avanti nella vicenda Superlega, si sa, tre società ancora ne fanno parte. C’è lavoro da fare. Vedremo come».
3Fino
al 30 giugno rimane in carica: Germania-Francia nel vostro stadio con 12 giocatori del Bayern è una specie di Oktoberfest del calcio?
«Sì, sarà proprio una sorta di Oktoberfest a giugno. Abbiamo un’esperienza eccezionale con i francesi. Hanno mentalità giusta e vengono da una scuola di calcio importante. Quattro di loro stasera conosceranno già l’ambiente».
3La
KUefa vi paga l’affitto per lo stadio? «Poco. Qualcosa ci dà, fa parte di un accordo per lo stadio con la città e la federazione tedesca».
3Cosa
pensa un dirigente di club quando i suoi calciatori giocano in nazionale? Spera non si infortunino, che facciano gol per aumentare il valore? «Io sono stato calciatore, ho giocato tre Mondiali e due Europei, so quanto vale la nazionale per un calciatore. Bisogna capire e accettare - anche se sei presidente del Bayern, del Real Madrid, della Juve o di altre - che la nazionale del tuo Paese è sempre la squadra più importante. Il Bayern polarizza, a favore e contro. La nazionale è unica, tutti sperano che abbia successo».
3Ritiene
che questa Germania sia all’altezza di Francia e Portogallo?
«La Germania ha una bella rosa, giocatori validi, devono partire bene. Quando la Germania parte bene arriva in fondo, vedi il Mondiale 90. Giochi contro i campioni del mondo, gran bella squadra, con grandi individualità. Sarà una partita molto decisiva. Poi si saprà di più».
3Le
è piaciuta l’Italia?
«Sì, molto. I turchi hanno giocato un catenaccio più stretto dell’Italia anni 60, ma gli azzurri sono usciti bene, hanno dimostrato di essere tra le favorite».
3Da
ex interista: più contento per lo scudetto o preoccupato per l’addio di Conte e il ridimensionamento economico? «Tutte due. Sono contento perché è tornato lo scudetto dopo tanti anni: fa bene al club e fa bene ai tifosi, ma tutto quello che sento dal lato finanziario mi preoccupa perché certamente la pandemia ha danneggiato tutto il mondo e anche il calcio, ma la partenza di Conte è un problema, perché lui ha gestito tutto in modo eccezionale prendendo il titolo. Mi ha dato la sensazione che tra squadra e allenatore ci fosse
3Si «In campo 12 dei nostri. Sarà decisiva: se partiamo bene arriviamo in fondo, come nel 1990»
un legame forte: auguro all’Inter di gestire la situazione finanziaria perché può condizionare tutto il club, è da evitare».
ricorda quando il Bayern cedette Rummenigge a Pellegrini per salvare la società in cattive acque?
«Non siamo a quei tempi. Ma non mi aspetto grandi affari dal mercato adesso. Si faranno i colpi alla fine e quelli maggiori saranno delle inglesi, le uniche che hanno ancora soldi. L’effetto del virus durerà a lungo».
3Quanto
impiegherà il calcio a uscire da questa situazione? E come?
«Sperando che la pandemia finisca, l’effetto sul mondo del pallone durerà ancora almeno due anni. Devono tornare i tifosi allo stadio per la cultura del calcio che ha bisogno dell’atmosfera e dell’emozione della gente. E poi c’è il lato finanziario. Gli stadi vuoti hanno danneggiato entrambi gli aspetti. Vanno diminuiti i costi generali: cartellini, già sono scesi, stipendi e commissioni degli agenti. Fifa e Uefa ci devono aiutare, non si può più andare solo su con le spese, bisogna tornare sulla terra».
In 30 anni da dirigente, il Bayern ha avuto uno sviluppo economico-strutturale imponente e dei risultati top sul campo.
3
Tra i due aspetti, quale preferisce?
«Abbiamo trovato la filosofia giusta: avere successo ma pagandolo in modo serio e solido. Ci siamo riusciti, una quindicina di anni fa il club valeva 750 milioni, adesso 2,6 miliardi. Per me, da primo a.d. dopo la trasformazione societaria del 2002, è stata anche una scommessa: io giocavo a pallone, non ero laureato in economia. Pian piano ho capito come un club va gestito. Siamo stati un esempio, non abbiamo comprato la luna, talvolta ci siamo autolimitati, ma valeva la pena: siamo indipendenti, abbiamo successo e non abbiamo perso soldi nemmeno per la pandemia».
3Come
L’Italia mi è piaciuta contro la Turchia del catenaccio: ha dimostrato di essere tra le favorite
La partenza di Conte per l’Inter è un problema: tra squadra e allenatore c’era un legame forte
sarà l’uscita dalla sede: all’americana con i cartoni in mano, alla latina con un briciolo di commozione o alla tedesca finto freddo?
«No, non sarà così. Ho deciso di smettere sei mesi prima perché si partiva con una nuova stagione e Kahn, il mio successore, doveva iniziare con l’incarico dal primo luglio. Poi è il momento buono: abbiamo vinto 7 titoli, oggi il cielo è blu e c’è il sole: cosa vuoi di più. È l’ora ideale. E quando ci sarà una bella partita a San Siro, vorrei venire a vederla». 3’54”