La Gazzetta dello Sport

A casa di Christian

TUTTI PER ERIKSEN LA SCUOLA, I VICINI E IL PRIMO CLUB «NOI SOTTO SHOCK È IL NOSTRO MITO»

- di Davide Stoppini INVIATO A MIDDELFART (DANIMARCA)

Christian viveva col pallone attaccato ai piedi. Ricordo le sue scarpe: sempre piene di terra

Il prof di Eriksen

Ero con mio figlio a vedere la partita, non abbiamo parole. Penso ai suoi genitori

Il sindaco di Middelfart LE RADICI Un paese di meno di 16 mila abitanti a 200 chilometri da Copenaghen: qui è nato è cresciuto Eriksen Tutti i concittadi­ni lo ricordano come uno semplice. E che paura sabato davanti al maxi schermo

Middelfart in ansia per il suo campione: «I locali erano pieni, quando è caduto a terra ce ne siamo andati in silenzio... Lo aspettiamo qui, è un figlio della città»

Sulle pareti del Cruijff Court ci sono appese 14 regole di comportame­nto, perché il decalogo cambia numerazion­e quando si parla di Johan, ed è giusto allora fare almeno quattro passettini in più. Dicono che Christian Eriksen sia particolar­mente legato alla numero sette: “Personalit­y: be yourself”. Sii te stesso. Kim Frank Petersen guarda quel cartello giallo. E dice: «Con i ragazzi bisogna essere sinceri. Vede quanti sono? Cinquecent­o vengono qui a scuola ogni giorno, dai 5 ai 16 anni. Appena finisco di parlare con lei, vado da loro e cominciamo a parlare di quanto successo sabato a Christian. È giusto, non si può far finta di niente. Qui siamo sotto shock. Ma è bene far sfogare i più giovani: tutti qui sognano di diventare Eriksen, un giorno». Un campo per la scuola

Siamo a Middelfart, isola di Fionia, 200 km più a est di Copenaghen. Lo Storebaelt­sbroen, il ponte sul Grande Belt che unisce la Fionia alla Selandia, ovvero l’isola di Copenaghen, è alle spalle. Middelfart è una piccola cittadina: 15.900 abitanti, pensa che coincidenz­a, lo stesso numero di spettatori che sabato erano dentro al Parken. Kim Frank è stato insegnante di Eriksen. E oggi è l’ambasciato­re del Cruijff Court. Cosa è? La Cruijff Foundation celebra ogni anno il miglior talento del calcio olandese. Nel 2011 vinse proprio Christian, allora all’Ajax. Il premio prevede la costruzion­e di un campo di calcio in sintetico in una location scelta dallo stesso vincitore, il luogo che più ha significat­o per la sua carriera di calciatore. Bene: Eriksen ha scelto di piazzare quel campo dentro la Lillebaelt Skolen, la sua scuola. «Lo sa perché? Christian da bambino viveva con il pallone attaccato ai piedi – ancora Kim Frank -. Ho un ricordo delle sue scarpe: mai pulite,

Lo ha donato quando giocava nell’Ajax: «I più giovani sognano di essere come lui»

sempre piene di terra, sempre “vissute”. E allora lui ha deciso che sarebbe stato giusto dare all’istituto un campo dove giocare a calcio senza doversi... sporcare tutte le volte. Eccolo qui, il campo. Ha scelto lui la location: vede laggiù, dietro quegli alberi? Ecco, lì c’è la sede della sua prima società. Questo campo ha unito così scuola e calcio». Bianca, fiocchi rossi e una dedica

Vicino al cartello giallo con le 14 regole c’è appesa una maglietta bianca, con fiocchi rossi. I ragazzi della scuola l’hanno colorata con il numero 10, la scritta Eriksen e l’augurio di pronta guarigione. Qui tutto profuma di Christian. «Io sono stato allenatore e compagno di squadra pure del padre – chiude Kim Frank -. L’ultima volta che Christian è venuto in città è stato due anni fa. E’ venuto qui al campo, lo ricordo. C’erano 300 persone a chiedergli foto e autografi. Ma il bello è che per noi lui non è Eriksen, è sempliceme­nte Chris, il ragazzo di sempre. E lui si comporta sempre allo stesso modo». Kim ci ha messo la curiosità. Andiamo oltre quegli alberi. Quattrocen­tocinquant­a metri, un minuto scarso di automobile. È la sede del Middelfart Boldklub, dove Eriksen ha mosso i primi passi. Claus Hansen è il responsabi­le. Ci chiede scusa: «Non ho voglia di parlare, perdonatem­i». La porta si apre lo stesso. Dentro la clubhouse ci accoglie una donna: «Guardi qui, questo è Eriksen». Ci mostra una foto con i suoi compagni di scuola che sono insieme a lui in tribuna, alla fine di un match della Danimarca. Ci sono immagini di Christian ovunque, le maglie di Ajax e Tottenham, quella dell’Inter manca in verità, ma seguono aggiorname­nti. «È uno di noi ma pure un’icona»

Dietro il ping pong e il calcio balilla si apre la terrazza e poi una distesa di prato, il primo campetto di Eriksen: «Qui ha cominciato a giocare. E proprio qui, sabato sera, avevamo allestito un maxischerm­o. Eravamo 200 persone. Siamo rimasti gelati quando è caduto per terra. In maniera composta e silenziosa sono andati via tutti. Ognuno a casa propria. Nessuno pensava che la partita sarebbe mai ripresa. Proprio lui, proprio il nostro giocatore: tutto non aveva più significat­o, poi». È quel che pensa anche il sindaco di Middelfart, Johannes Lundsfryd Jensen: «Ero con mio figlio di 20 anni e i suoi amici a vedere la partita in città, ancora adesso non troviamo le parole. Non riuscivo a non pensare ai genitori di Christian. Li conosco bene, come non potrei. E lui stesso è un ragazzo perfetto, quando torna qui si mette sempre a giocare con i ragazzi della scuola calcio. È uno di noi, è un figlio della città, è un’icona. Lo aspettiamo qui, appena uscirà dall’ospedale e l’Europeo sarà finito, magari passerà qualche giorno a casa sua. E noi vogliamo stargli vicino». E il calore dei suoi vicini

A proposito, la casa. Qui è tutto a portata di mano. Qualche chilometro in auto, a partire dal campo di calcio. Ed eccoci vicino alla

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In alto, la casella della posta di casa Eriksen (al centro) e, a destra, uno degli insegnanti di Christian. Sopra, il campo donato dalla Johan Cruijff Foundation
La scuola e il campo In alto, la casella della posta di casa Eriksen (al centro) e, a destra, uno degli insegnanti di Christian. Sopra, il campo donato dalla Johan Cruijff Foundation

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