A casa di Christian
TUTTI PER ERIKSEN LA SCUOLA, I VICINI E IL PRIMO CLUB «NOI SOTTO SHOCK È IL NOSTRO MITO»
Christian viveva col pallone attaccato ai piedi. Ricordo le sue scarpe: sempre piene di terra
Il prof di Eriksen
Ero con mio figlio a vedere la partita, non abbiamo parole. Penso ai suoi genitori
Il sindaco di Middelfart LE RADICI Un paese di meno di 16 mila abitanti a 200 chilometri da Copenaghen: qui è nato è cresciuto Eriksen Tutti i concittadini lo ricordano come uno semplice. E che paura sabato davanti al maxi schermo
Middelfart in ansia per il suo campione: «I locali erano pieni, quando è caduto a terra ce ne siamo andati in silenzio... Lo aspettiamo qui, è un figlio della città»
Sulle pareti del Cruijff Court ci sono appese 14 regole di comportamento, perché il decalogo cambia numerazione quando si parla di Johan, ed è giusto allora fare almeno quattro passettini in più. Dicono che Christian Eriksen sia particolarmente legato alla numero sette: “Personality: be yourself”. Sii te stesso. Kim Frank Petersen guarda quel cartello giallo. E dice: «Con i ragazzi bisogna essere sinceri. Vede quanti sono? Cinquecento vengono qui a scuola ogni giorno, dai 5 ai 16 anni. Appena finisco di parlare con lei, vado da loro e cominciamo a parlare di quanto successo sabato a Christian. È giusto, non si può far finta di niente. Qui siamo sotto shock. Ma è bene far sfogare i più giovani: tutti qui sognano di diventare Eriksen, un giorno». Un campo per la scuola
Siamo a Middelfart, isola di Fionia, 200 km più a est di Copenaghen. Lo Storebaeltsbroen, il ponte sul Grande Belt che unisce la Fionia alla Selandia, ovvero l’isola di Copenaghen, è alle spalle. Middelfart è una piccola cittadina: 15.900 abitanti, pensa che coincidenza, lo stesso numero di spettatori che sabato erano dentro al Parken. Kim Frank è stato insegnante di Eriksen. E oggi è l’ambasciatore del Cruijff Court. Cosa è? La Cruijff Foundation celebra ogni anno il miglior talento del calcio olandese. Nel 2011 vinse proprio Christian, allora all’Ajax. Il premio prevede la costruzione di un campo di calcio in sintetico in una location scelta dallo stesso vincitore, il luogo che più ha significato per la sua carriera di calciatore. Bene: Eriksen ha scelto di piazzare quel campo dentro la Lillebaelt Skolen, la sua scuola. «Lo sa perché? Christian da bambino viveva con il pallone attaccato ai piedi – ancora Kim Frank -. Ho un ricordo delle sue scarpe: mai pulite,
Lo ha donato quando giocava nell’Ajax: «I più giovani sognano di essere come lui»
sempre piene di terra, sempre “vissute”. E allora lui ha deciso che sarebbe stato giusto dare all’istituto un campo dove giocare a calcio senza doversi... sporcare tutte le volte. Eccolo qui, il campo. Ha scelto lui la location: vede laggiù, dietro quegli alberi? Ecco, lì c’è la sede della sua prima società. Questo campo ha unito così scuola e calcio». Bianca, fiocchi rossi e una dedica
Vicino al cartello giallo con le 14 regole c’è appesa una maglietta bianca, con fiocchi rossi. I ragazzi della scuola l’hanno colorata con il numero 10, la scritta Eriksen e l’augurio di pronta guarigione. Qui tutto profuma di Christian. «Io sono stato allenatore e compagno di squadra pure del padre – chiude Kim Frank -. L’ultima volta che Christian è venuto in città è stato due anni fa. E’ venuto qui al campo, lo ricordo. C’erano 300 persone a chiedergli foto e autografi. Ma il bello è che per noi lui non è Eriksen, è semplicemente Chris, il ragazzo di sempre. E lui si comporta sempre allo stesso modo». Kim ci ha messo la curiosità. Andiamo oltre quegli alberi. Quattrocentocinquanta metri, un minuto scarso di automobile. È la sede del Middelfart Boldklub, dove Eriksen ha mosso i primi passi. Claus Hansen è il responsabile. Ci chiede scusa: «Non ho voglia di parlare, perdonatemi». La porta si apre lo stesso. Dentro la clubhouse ci accoglie una donna: «Guardi qui, questo è Eriksen». Ci mostra una foto con i suoi compagni di scuola che sono insieme a lui in tribuna, alla fine di un match della Danimarca. Ci sono immagini di Christian ovunque, le maglie di Ajax e Tottenham, quella dell’Inter manca in verità, ma seguono aggiornamenti. «È uno di noi ma pure un’icona»
Dietro il ping pong e il calcio balilla si apre la terrazza e poi una distesa di prato, il primo campetto di Eriksen: «Qui ha cominciato a giocare. E proprio qui, sabato sera, avevamo allestito un maxischermo. Eravamo 200 persone. Siamo rimasti gelati quando è caduto per terra. In maniera composta e silenziosa sono andati via tutti. Ognuno a casa propria. Nessuno pensava che la partita sarebbe mai ripresa. Proprio lui, proprio il nostro giocatore: tutto non aveva più significato, poi». È quel che pensa anche il sindaco di Middelfart, Johannes Lundsfryd Jensen: «Ero con mio figlio di 20 anni e i suoi amici a vedere la partita in città, ancora adesso non troviamo le parole. Non riuscivo a non pensare ai genitori di Christian. Li conosco bene, come non potrei. E lui stesso è un ragazzo perfetto, quando torna qui si mette sempre a giocare con i ragazzi della scuola calcio. È uno di noi, è un figlio della città, è un’icona. Lo aspettiamo qui, appena uscirà dall’ospedale e l’Europeo sarà finito, magari passerà qualche giorno a casa sua. E noi vogliamo stargli vicino». E il calore dei suoi vicini
A proposito, la casa. Qui è tutto a portata di mano. Qualche chilometro in auto, a partire dal campo di calcio. Ed eccoci vicino alla