Spagna, pari e fischi E Schick fa un gol da 45 metri: record
Delusione a Siviglia: 0-0 con la Svezia L’ex Roma in Scozia segna alla Maradona L’interista Skriniar gela Lewandowski
I tifosi se la prendono soprattutto con Morata. Luis Enrique inserisce troppo tardi Gerard Moreno e l’ex portiere della Roma Olsen para tutto
La Spagna a lungo fa la Spagna. Gioca, costruisce, tiene palla, impone il suo gioco. Però non segna, per demeriti propri e meriti altrui. E finisce con l’incartarsi senza riuscire a vincere contro un avversario, la Svezia, inferiore sul piano tecnico. E rischiando addirittura di perdere. Luis Enrique vedrà il bicchiere quasi pieno, per noi l’acqua spagnola rischia di evaporare al gran caldo sivigliano. Vediamo cosa succederà sabato quando qui alla Cartuja arriverà la Polonia sorprendentemente battuta dalla Slovacchia di Skriniar e quindi alla disperata ricerca di punti. Dicevamo che la Spagna ha bisogno di Morata e che Morata ha bisogno della Spagna. Beh, non si sono trovati. L’attaccante della Juventus, in campo in maniche lunghe, nonostante i 30 gradi, ha sbagliato due gol ed è stato di nuovo fischiato. Da parte del pubblico un tiro crudele a un bersaglio psicologicamente fragile che alla Spagna non fa davvero bene. Gerard Moreno è entrato (troppo tardi) accolto da un’ovazione e ha costretto l’eroe della serata alla terza parata decisiva. Parliamo di Robin Olsen, e la cosa potrà stupire i romanisti, che di lui non hanno un gran ricordo. Il portiere prestato all’Everton di Ancelotti (e utilizzato poco a Liverpool) ha fermato due volte Dani Olmo nella prima parte e come detto Gerard Moreno nel finale, portando in dote ai compagni un punto pesante.
Le riflessioni di Lucho Luis Enrique avrà diverse riflessioni da fare. Perché la Spagna ha dominato la prima fase, come detto ha creato 5 grandi occasioni (due sprecate dall’ottimo Koke, a lungo l’anima della squadra) e ha chiuso con 14 tiri, però da quando Morata all’inizio della ripresa ha sbagliato per la seconda volta la Roja è sparita. Inutile tenere un pivote come Rodri quando gli avversari non costruivano nulla e si affidavano solo a rari contropiede, colpevole non inserire prima
Gerard Moreno o provare a cambiare gli elementi creativi della squadra. E poi usare Marcos Llorente, 12 gol e 11 assist con l’Atletico campione nell’ultima Liga, come terzino destro è uno spreco incomprensibile. Va bene che la vitalità del canterano del Madrid è impressionante, ma farlo partire tanto lontano dall’area avversaria è un crimine. L’ultimo prodotto della grande famiglia Gento-Llorente oltre a combinare a meraviglia con Koke (così come Pedri e Jordi Alba dall’altra parte) e a correre senza freni ha anche salvato il risultato ribattendo sulla linea una conclusione a colpo sicuro di Isak. L’attaccante della Real Sociedad due volte ha preso palle e due volte si è inventato qualcosa di geniale. Nel primo caso a salvare la Spagna ci ha pensato Llorente, nel secondo lo sciagurato Berg, che ha spedito alto da 8 metri, con la porta spalancata davanti a lui. Poi Isak è stato tolto, cosa giustificabile solo con problemi fisici, e la Svezia ha iniziato a remare senza più provare a ripartire in contropiede.
I grandi assenti Alla Svezia è mancato in maniera evidente Zlatan Ibrahimovic, e alla Spagna manca la forza, la leadership, la garra di Sergio Ramos. I due grandi vecchi lasciati senza Europeo dagli acciacchi dell’età. Il secondo anche dalla voglia di Luis Enrique di “liberare” i suoi ragazzi come fece Luis Aragones nel 2008 con un altro mito del madridismo come Raul, di alleggerirli dalla presenza di un totem potente come Ramos. La formazione messa in campo da Lucho al calcio d’inizio aveva accumulato in tutto 239 presenze in nazionale. Il sivigliano Sergio Ramos da solo ne ha 180. Luis Enrique ha fatto le sue scelte. E ieri ha seguito lunghi tratti della gara seduto sulla ghiacciaia in puro stile “Loco” Bielsa: se non vuole rischiare brutte sorprese dovrà trasmettere qualcosa di geniale alla sua giovane squadra.
GRANDI ASSENTI Da una parte sono mancate la forza e il temperamento di Sergio Ramos e dall’altra la fisicità e la pericolosità offensiva di Ibrahimovic