La Gazzetta dello Sport

I PRIMI CALCI Nella sede della squadra dove ha cominciato a giocare si vedono foto di Chris un po’ dovunque Ci sono anche le maglie dell’Ajax e del Tottenham, manca soltanto quella dell’Inter...

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zona che si affaccia sul fiordo di Gamborg. Villette in fila, una dopo l’altra: è una zona residenzia­le, negozi manco a parlarne. Al numero 58 finisce la strada: c’è la casa dove è nato e cresciuto Christian, prima di prendere il volo per l’Olanda. Lì tuttora vivono papà Thomas e mamma Dorthe, oltre alla sorella Louise: gioca a calcio anche lei, è nazionale danese, oltre che capitano del KoldingQ. In casa non c’è nessuno, ci sono tre auto parcheggia­te: la famiglia era allo stadio sabato e ovviamente non ha più lasciato Copenaghen. I vicini hanno l’occhio commosso, se devono parlare di Christian. Poul abita lì da sempre, è cresciuto con il papà di Eriksen: «Cosa le devo dire? Una famiglia speciale. E lui non poteva che essere così, fatto allo stesso modo. L’abbiamo visto crescere, per noi è stato terrifican­te sabato scorso». Altro giro, altro vicino, una donna al civico di fronte: «Ha presente i vicini che tutti vorremmo avere? Ecco, esattament­e. Abito qui da sette anni, li conosco molto bene. Sabato mi ero allontanat­a dalla television­e proprio in quel maledetto istante, poi sono stata chiamata e no... non volevo credere ai miei occhi».

I calzini rossi con il numero 10

Facciamo qualche altro passo. Un bambino ha la maglia del Psg, si spaventa quando ci guarda però ci mostra con orgoglio i suoi calzini: rossi, scritta Danimarca e numero 10, rigorosame­nte. È qui che incontriam­o Poul Jensen: «Sono cresciuto in questa via, vivevo qui fino a 5 anni fa. So tutto di Christian. Le dico di più: lui ha 29 anni, mio figlio Stig Holm ne ha 30. Giocava insieme a Eriksen. L’hanno fatto anche alla scuola calcio. Ma per la verità solo per un anno: mio figlio non era così bravo come lui, impossibil­e stargli dietro, così si è dato al badminton».

Erano tutti lì Poi si è svuotato...

Ci resta il centro della città. La chiesa di San Nicola, un campo di calcio affacciato sul mare con tanto di sabbia trasportat­a: odore di beach soccer, anche se il vento non rende la temperatur­a delle più invitanti. Poi il corso principale, l’Algade. Charlotte Rasmussen dirige il pub Guldkronen, lo stesso dove il sindaco della città ha visto la partita maledetta contro la Finlandia: «Qui tutti conosciamo la famiglia Eriksen. Avevo il locale pieno l’altra sera, fuori tutti i posti occupati. Era una festa, doveva essere una festa. Si è svuotato in un attimo. Abbiamo un pensiero fisso in questi giorni, che va oltre il lavoro e la famiglia. Anzi no: Christian è la nostra famiglia, è stato male uno di noi». Si accende una tv, dal locale vicino. La tv danese manda in onda un servizio di aggiorname­nto sulle condizioni di Eriksen. Sono notizie positive, due ragazze guardano lo schermo e sorridono. Una fa all’altra: «Magari giovedì sarà allo stadio per fare il tifo contro il Belgio!». Non sarà così. Ma in fondo è bello sognare, dopo aver vissuto l’inferno.

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 ??  ?? Christian ieri e oggi Un giovane Eriksen agli inizi della carriera e con la maglia della nazionale danese. A sinistra, l’omaggio di un tifoso di Middelfart. Il numero 10 e la scritta: «Buona guarigione»
Christian ieri e oggi Un giovane Eriksen agli inizi della carriera e con la maglia della nazionale danese. A sinistra, l’omaggio di un tifoso di Middelfart. Il numero 10 e la scritta: «Buona guarigione»
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Johannes Lundsfryd Jensen, 46 anni, sindaco di Middelfart e qui sopra il 10 di Eriksen ai piedi di un giovane tifoso
Il sindaco e i calzini Johannes Lundsfryd Jensen, 46 anni, sindaco di Middelfart e qui sopra il 10 di Eriksen ai piedi di un giovane tifoso

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