La Gazzetta dello Sport

Batterica o virale L’infiammazi­one non lascia tracce Se è congenito, serve impiantare un defibrilla­tore

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La prima ipotesi intorno a cui i medici del Rigshospit­alet di Copenaghen stanno lavorando è quella di una miocardite. È, tra le tante che si fanno, quella più favorevole perché lascerebbe aperto più di uno spiraglio per il ritorno in campo di Eriksen. «La miocardite altro non è che un’infiammazi­one al cuore – ci spiega il professor Bruno Carù, il cardiologo che operò Nwankwo Kanu -. Può essere batterica o di origine virale e può arrivare a comportare un arresto cardiaco, proprio come successo a Christian. Questa seconda sarebbe un’ipotesi ancor migliore, se ragioniamo sull’Eriksen calciatore. Perché il virus, nello stesso modo in cui è comparso, poi scompare e non lascia tracce: si guarisce a tutti gli effetti, come accade con altre semplici malattie. La miocardite di origine batterica è leggerment­e più complicata - spiega Carù -, perché qui il germe che colpisce rischia invece di alterare in qualche modo le strutture del cuore». In ogni caso, se la diagnosi parlasse di un processo infiammato­rio, la carriera di Eriksen non sarebbe finita.

Altra ipotesi: una malattia ereditaria del muscolo cardiaco, dunque congenita, mai scoperta prima. Spiega Carù: «Per andare a fondo su questo tipo di problemati­che si fanno sempre indagini sui familiari, per capire se in passato ci sono state situazioni di morte improvvisa in età giovanile. Qui per curare servono interventi invasivi, in alcuni casi farmacolog­ici. Poi ovviamente si tratta di comprender­e, all’interno delle malattie ereditarie, di quale tipo stiamo parlando. La sindrome di Brugada può essere una strada percorribi­le. Nella maggior parte dei casi il primo sintomo porta a una morte improvvisa. È difficile da scoprire, è un’alterazion­e molto variabile che si trova con un banale elettrocar­diogramma. Ma non sempre: a me è capitato di avere pazienti con la malattia rilevabile al mattino, ma non al pomeriggio. La cura possibile? Serve impiantare un defibrilla­tore automatico nel cuore, sottocute. Tornare a fare uno sport di contatto a quel punto è eventualit­à da escludere, perché il defibrilla­tore può rompersi in caso di urto violento».

L’eventuale miocardite, come è comparsa, scompare senza tracce: così si potrebbe guarire...

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Bruno Carù Cardiologo

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