La Gazzetta dello Sport

K.o. la “stazione” dentro al cuore e stop all’attività Un caso al limite: di solito non c’è l’arresto cardiaco

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Ipotesi numero tre: una malattia del nodo del seno. È bene spiegare di cosa stiamo parlando. Ci aiuta Carù: «Nel nostro cuore tutti noi abbiamo una specie di impianto elettrico, immaginiam­olo come fosse un normale appartamen­to con i fili della luce che distribuis­cono la corrente. L’impianto ha una “stazione” che si chiama appunto nodo del seno: è da qui che partono gli impulsi, è qui che si genera il nostro battito cardiaco. Questa stazione si trova nella parte alta del cuore: il nucleo di cellule si attiva regolarmen­te, creando il normale battito. Ma a volte può capitare che la stazione si ammali, o nel caso delle persone più anziane sempliceme­nte si deteriori, e non funzioni più bene, alterando dunque il normale battito cardiaco». Questo potrebbe essere capitato ad Eriksen. E non sarebbe una buona notizia nell’ottica del calciatore: «Per guarire in casi del genere servirebbe un intervento chirurgico invasivo, dunque l’introduzio­ne di un pacemaker. E anche qui l’attività sportiva sarebbe molto complicata da conciliare».

Ipotesi numero quattro da mettere sul piatto: un coagulo del sangue. A Copenaghen si era diffusa fin da subito come una delle possibili cause del malore del centrocamp­ista dell’Inter. Per la verità era stata una delle prime insieme all’epilessia. Ma nel corso dei giorni sta perdendo un po’ di terreno. Scoprire un coagulo non è poi così difficile in termini medici, “bastano” esami del sangue approfondi­ti. Ma il professor Carù da questo punto di vista è molto scettico: «Non credo che quanto accaduto a Eriksen possa essere ricondotto a un coagulo. È molto, molto difficile, mi sentirei di dire quasi impossibil­e. Il motivo? Abbiamo tutti visto come il calciatore in campo sia stato colpito da un arresto cardiaco. Ma solitament­e un coagulo del sangue non prevede questo come conseguenz­a immediata». Una risposta certa, in ogni caso, secondo Carù non tarderà ad arrivare: «Di solito bastano 8-10 giorni. Poi non significa che gli esami per Eriksen finiranno: ci sarà bisogno, comunque vada, di indagini successive».

HA DETTO

Eriksen era praticamen­te morto. Non so come abbiamo fatto a rimetterlo al mondo

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Morten Boesen Medico Danimarca

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