Chiellini, che resistenza Ora è capitan rivincita
Una corona in testa e la coppa stretta nella mano destra. Giorgio Chiellini è arrivato così a Roma, precedendo tutti i suoi compagni, capitano come Fabio Cannavaro, ultimo campione del Mondo nell’Italia di Lippi nel 2006 e come Giacinto Facchetti, ultimo campione d’Europa nell’Italia di Valcareggi nel 1968. Se Mancini è il principale artefice del trionfo, il vero simbolo della squadra è Chiellini e non soltanto perché ha più presenze, avendo toccato quota 112 come Zoff, proprio a Londra. Tra un mese e un giorno, alla vigilia di Ferragosto, le candeline sulla sua torta saranno 37, ma prima di pensare a eguagliare il record di Zoff, unico azzurro campione d’Europa e del Mondo, Chiellini fa bene a godersi la sua incredibile rivincita, perché nemmeno l’amico Bonucci aveva accumulato così tante delusioni in passato. Rileggere, per credere, la sua lunga storia azzurra, cominciata a Messina il 17 novembre 2004 in un test con la Finlandia, vinta grazie a un gol di Miccoli. Lippi, che credeva nei giovani come Mancini, capì subito che quel ragazzo di vent’anni, allora terzino sinistro nella Fiorentina, aveva un futuro azzurro. E lui, che si innamorò immediatamente della Nazionale, anche se non era nella lista dei convocati per il Mondiale del 2006, andò a sue spese a vedere la finale, mescolandosi tra tanti tifosi nel volo di linea di ritorno da Berlino a Milano. Sembrava l’inizio di una nuova avventura vincente e invece, malgrado la promozione a titolare, non più come terzino ma come difensore centrale della Juventus, da quel momento le delusioni di Chiellini si sono moltiplicate e sempre con lui in campo. Fuori ai rigori a Euro 2008, ma soprattutto fuori al primo turno al suo primo mondiale, nel 2010 in Sudafrica dove si chiuse il ciclo di Lippi e del capitano Cannavaro. E ancora umiliato (0-4) dalla Spagna nella finale di Euro 2012, fuori al primo turno al mondiale 2014 in Brasile, eliminato di nuovo ai rigori a Euro 2016, con il punto più basso toccato a San Siro dopo lo 0-0 contro la Svezia, il 13 novembre 2017, che ci costò l’esclusione dai Mondiali del 2018. Totale: sei bruciature una in fila all’altra e non certo per colpa sua. Un altro avrebbe mollato tutto, magari con la legittima scusa degli acciacchi dell’età, non Chiellini che ha sempre sognato la rivincita. E se Lippi, Donadoni, Prandelli, Conte, Ventura e infine Mancini non hanno mai rinunciato a lui, vuol dire che Chiellini è stato indispensabile per tutti. Un esempio in campo e fuori, tra l’altro ancora senza contratto per la nuova stagione, anche se chi lo conosce sa che rinnoverà con la Juventus senza problemi. E così lunedì prossimo avrà un motivo in più per festeggiare i suoi primi sette anni di matrimonio con Carolina. Perché era stato bello vedere dalla tribuna i rigori del Mondiale a Berlino, ma vincere un Europeo allo stesso modo sul campo rimarrà un ricordo unico. Unico come Chiellini, capitan rivincita, da applausi anche per la dedica ad Astori.