La Gazzetta dello Sport

Vi racconto quella Samp

«Roberto ha voluto anzitutto un gruppo forte: lo ha gestito con serenità, rispetto e gli amici di sempre» PAGLIUCA E IL SEGRETO DELL’ITALIA CAMPIONE «MANCINI HA RICORDATO L’ESEMPIO DI BOSKOV»

- di Andrea Elefante

«Lo scriva pure, non mi vergogno: domenica mi sono commosso anch’io, insieme a loro».

3Quando, Pagliuca? «Quando ho sentito la dedica di Roberto ai sampdorian­i e a Paolo Mantovani, il presidente che gli ha insegnato come si può voler bene anche nel calcio. E quando ho visto lui e Luca avvinghiar­si e piangere insieme. Ho messo la foto in tutti i miei social: meraviglio­sa. In quell’abbraccio c’era un pezzo di storia della nostra vita, non solo della carriera. C’era tutta quella Samp, ricordi indimentic­abili. Ecco, mi piace credere che in quei trenta secondi anche a loro siano tornati in mente: non solo il ricordo della sconfitta a Wembley con il Barcellona, anche se avete pensato tutti a quella».

3Secondo lei Mancini no? «Magari sì, ma io credo che se anche quella sera avessimo battuto il Barcellona non sarebbe cambiato molto per lui: di sicuro non la sua voglia di vincere. Quella partita per la Samp era un punto di arrivo, ma dopo aver perso un’occasione irripetibi­le è diventata anche una ripartenza. E lui è ripartito un sacco di volte, da giocatore e poi da allenatore». 3E da allenatore ha sempre voluto vicino gente di quella Samp. «E’ stato bravo anche in quello. Lui ha bisogno di avere vicino solo quelli di cui si fida ciecamente, sceglie di circondars­i di persone che anzitutto lo capiscano. Nella vita, ma anche nel calcio: Chicco, Attilio, Fausto, Giulio, Massimo sono con lui da una vita, non può sbagliarsi. Roberto ricorda tutto ed è molto generoso con chi ha rispetto di lui: quando decide che uno per lui è amico, è amico».

3 L’abbiamo detto tutti, l’ha detto anche Mancini: nella sua Nazionale si è ricreata la magia di quella Samp. Ce la racconta? «Spesso si dice “come una famiglia”, ma è una frase fatta. Non per noi: in quella Samp ci si voleva bene come fratelli, ci si rispettava come parenti. E ci si ritrovava sempre nella stessa casa, noi del nucleo storico: io, Mannini, Vierchowod, Pellegrini, Lombardo, Mancio, Vialli. E quando arrivava qualcun altro gli aprivamo la porta».

3Troppo idilliaco, no?

«Non mi ha fatto finire: rispetto,

amicizia, ma ognuno aveva il suo carattere. La sua personalit­à, soprattutt­o: quasi tutte forti. Si vedeva anche in campo: chiamiamol­e incomprens­ioni, scambi di opinione, ma ci si mandava proprio a quel paese». 3E fuori dal campo?

«Anche litigi brutti: non roba da mettersi le mani addosso, ma quasi. Uno pesantissi­mo fra me e Vierchowod, uno del Mancio sempre con Pietro. Ma faceva bene anche scazzarsi, ogni tanto. Come scherzare, e lo facevamo spesso. Vialli aveva la personalit­à più forte, poteva permetters­i di farci quasi qualunque cosa. Ma il più matto era Lombardo: anche oggi credo».

3E Mancini?

«Gli piaceva ridere, ma era più timido, stava più sulle sue. Robi parlava poco e pesava molto».

3Lo trova molto cambiato anche lei?

«Molto non so, ma è cambiato: più tranquillo, pacato, disponibil­e. In campo succede raramente di vederlo nervoso, una volta succedeva il contrario: era un’eccezione quando non lo era, aveva il suo caratterin­o. Tanto se esagerava ci pensava lo zio Vuja».

3E cosa faceva, Boskov?

«Era quello che ci teneva tutti attaccati. Il numero uno assoluto nella gestione del gruppo, a modo suo: grande rispetto per i giocatori più esperti, faceva finta di dare la colpa ai più giovani ma poi coccolava pure loro. Sempre tranquillo, l’aplomb di chi ha in mano il controllo della situazione. E funzionava».

3 Ha funzionato anche come esempio per Mancini, da quando è diventato allenatore?

«Sono sicuro di sì. Da Boskov ha imparato che avere un gruppo forte e saperlo gestire bene può essere la tua arma migliore. Mancini alla sua Nazionale ha dato grande tranquilli­tà e ha insegnato il senso della forza di essere tutti dalla stessa parte. Ho visto anche qualche allenament­o della squadra: clima splendido, tutti sereni, uniti. Anche in questo Roberto è stato perfetto».

3Ma quando lo sentiva dire, già due anni fa, che voleva vincere

In quell’abbraccio fra Robi e Luca c’era un pezzo di storia della nostra vita

Gianluca Pagliuca

E l’IMMAGINE SIMBOLO

Abbiamo una chat su whatsapp, la sua risposta dopo il trionfo? Dei cuori...

Gianluca Pagliuca

E “QUELLI CHE SI RITROVANO”

l’Europeo cosa pensava?

«Ha sempre avuto in testa di allenare la Nazionale ed è sempre stato sicuro della forza del suo lavoro: sapeva di arrivare lì nel suo momento migliore, con tanta esperienza nei club alle spalle, e aveva visto prima come sarebbero diventati certi giocatori».

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ANSA Pagliuca e Mantovani il giorno dello scudetto Gianluca Pagliuca, anni, ha giocato nella Sampdoria dal 1987 al 1994, vincendo uno scudetto, tre coppe Italia, una Supercoppa italiana e una Coppa delle Coppe
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GETTY L’abbraccio Europeo Roberto Mancini, 56 anni e Gianluca Vialli, 57 anni
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3 E voi come siete diventati,

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