Tourmalet: orsi lupi e briganti E la forcella di Christophe
ourmalet nella lingua locale vuol dire “brutto passaggio”. Già questo basta e avanza per spiegare quanto timore incuta una delle montagne simbolo dei Pirenei. A inizio Novecento chi si avventurava da queste parti rischiava una fine ingloriosa: di solito erano i briganti a lasciare il segno, ma poteva andare peggio: orsi e lupi non puntavano al borsellino. Ci pensa il Tour a renderlo familiare e immortale. Henri Desgrange (pistard e giornalista) fa scavare nella roccia delle mulattiere per far passare la sua creatura, messa alla luce nel 1903. Sette anni dopo ecco il debutto con Peyresourde, Aspin, Aubisque e Tourmalet (che oggi sarà il piatto forte dell’ultima tappa con il naso all’insù) tutti insieme. Ben 326
Tchilometri di pura sofferenza con partenza alle 3.30 di notte. E sul Tourmalet nel 1913 si consuma l’incredibile storia di Christophe, secondo in classifica e secondo a passare in cima. Nella discesa rompe la forcella: per regolamento non può sostituirla, al massimo rifarla. Con pazienza affronta 14 chilometri a piedi, tenendo quel che resta della bici per una mano. Arriva in un paese e trova la bottega di un fabbro. È seguito come un’ombra da un giudice (in auto) che gli ricorda: «Nessuno può toccare il tuo mezzo, altrimenti è squalifica». Il francese (morto nel 1970 e re della Sanremo nel 1910) non si compone, chiede al negoziante: «Ha un tubo da 22?». Ricevuto, si mette a lavorarlo. Quattro ore dopo può finalmente risalire in sella, soddisfatto anche della risposta data all’ispettore che gli aveva chiesto se poteva andare a mangiare qualcosa mentre limava la forcella. L’aveva fulminato così: «No, il carceriere deve restare col carcerato». Christophe sa che il Tour è bello che andato. A Parigi chiuderà al 7° posto, ma nella casa di S.te Marie de Campan (dove c’era l’officina del fabbro) campeggia una targa in memoria di questa storia. Targa immortale come un trionfo.
LA GUIDA