Bellocchio, le radici in un film «Mi sento libero, non assolto»
uscito ieri in Italia il nuovo film di Marco
Bellocchio Marx può
aspettare, racconto corale della numerosa famiglia del regista, riunita per ricordare il protagonista assente del film: Camillo Bellocchio. Gemello del pluripremiato autore, si è suicidato nel 1968 lasciando tutti stupiti e addolorati. «Nessuno di noi fratelli aveva intuito la tragedia che stava sotto la vicenda della vita normale di nostro fratello: questo è il centro del film». A parlare è Bellocchio, che nel film intervista fratelli e sorelle e si fa intervistare dai figli Elena e Piergiorgio. Un dialogo a più voci, intimo, commovente, a tratti persino spiritoso: «È un film non pesante in cui, per la prima volta, mi sono rapportato a questa tragedia in modo sereno e leggero, sentendomi liberato, ma non assolto». Sensi di colpa, nostalgia, ricordi scivolano sulle note suggestive del compianto Ezio Bosso. C’è dietro un interessante lavoro di montaggio della compagna del regista Francesca Calvelli, che collega le interviste a video di archivio familiare e a sequenze dai
film più noti di Bellocchio, da I Pugni in tasca a Gli occhi, la bocca, a dimostrare come la tragedia abbia silenziosamente attraversato gran parte della sua carriera.
La Palma Carriera che a Cannes viene celebrata domani con la Palma d’Oro d’Onore: «Sono molto contento, ma non mi ripaga di niente: ricorderò sempre il grandissimo Michel Piccoli che ottenne la Palma per il mio Il salto nel vuoto». Era il 1980: 41 anni dopo Bellocchio non ha perso la voglia di fare film: «Tanti amici non ci sono più e io non credo all’eternità. Ma se sei dentro la vita e ami il tuo lavoro come me, ti dimentichi del fatto che esiste la possibilità di morire». 1’14’’ È