Berrè, Curatoli e Samele «Questo secondo posto ci ha messo i brividi»
Vittoria thrilling contro l’Iran, poi il capolavoro con l’Ungheria. Ma la Sud Corea era imbattibile
Splendido, splendente. Chi afferma il contrario di questo argento preso dall’Italia nella sciabola a squadre, forse è solo invidioso. Certo, l’oro avrebbe coronato una giornata pazzesca, ma lo sport non è il mondo delle favole e soprattutto i sudcoreani sono da anni i più forti al mondo. E ieri lo hanno ribadito, non lasciando scampo agli azzurri. Ma in finale i nostri ci sono arrivati, eccome se ci sono arrivati. Resteranno nella storia la vittoria thrilling sull’Iran e il capolavoro contro l’Ungheria. La sciabola maschile torna sul podio olimpico dopo Londra 2012: c’erano già Gigi Samele e Aldo Montano. I loro destini si sono intrecciati ieri: l’infortunio del foggiano ha dato via libera all’ingresso del capitano. Coccolato dai compagni a cerimonia di premiazione conclusa. Sentite Enrico Berrè: «Aldo è stata la mia ispirazione, da bambino ero fiorettista, poi ho visto lui… Gli ho chiesto mille consigli, condividere la medaglia è fantastico». Poi Luca Curatoli: «Girarmi e vederlo nel nostro angolo bastava a caricarmi». E infine Gigi Samele: «Ero triste per l’infortunio, Aldo mi ha restituito il sorriso. Ne abbiamo passate tante insieme, ma quest’ultima le batte tutte…».
I tre moschettieri Montano si è preso la copertina, ma sarebbe ingiusto non mettere alla sua altezza, in quest’ultimo spettacolo, pure gli altri tre moschettieri. E quindi onore e applausi a Gigi Samele, argento nell’individuale e messo fuori causa da un probabile stiramento a un gluteo non prima di un paio di assalti su una sola gamba, riedizione epica all’Enrico Toti. Onore e applausi a Luca Curatoli e anche al suo sosia, quello che entra in pedana quando meno te l’aspetti e quasi vanifica il suo grande talento: il Curatoli I ci ha trascinato all’inizio contro l’Iran e soprattutto non ha tremato sul 43 pari di fronte al tre volte campione olimpico Aron Szilagyi, giustiziandolo con due stoccate di pura adrenalina; il Curatoli II si era invece addormentato sul 43-36 contro l’iraniano Pakdaman subendo la rimonta e giocandosi tutto all’ultima stoccata, per fortuna tirata dal Curatoli I. Onore e applausi a Enrico Berrè, di gran lunga il migliore e il più continuo degli azzurri, sempre in positivo nei suoi assalti (finale esclusa: la Corea del Sud ci ha annichiliti 45-26) e capace di scenografici voli d’angelo coi quali è riuscito spesso a trafiggere iraniani e ungheresi (poi bronzo), è stato lui a segnare il sorpasso ai magiari dopo una lunga rincorsa.
Parole d’argento Ed eccoli i commenti dei moschettieri italiani. Così Luca Curatoli: «Mi sognerò di sicuro le due stoccate decisive contro Iran e Ungheria. Con la Corea abbiamo provato a stringere i denti, ma la loro superiorità è stata netta. Però l’argento vinto è qualcosa di enorme». Poi tocca a Samele: «Avrei voluto continuare a tirare, ma non ero più in grado. Allora ho cercato di supportare i compagni dal nostro box. È un magnifico argento». Chiusura con Enrico Berrè: «È una medaglia conquistata con gioie, dolori e delusioni. Dopo la sconfitta avevamo i musi lunghi, ma sul podio è tornata la felicità, con brividi indescrivibili». Come le lacrime versate insieme al suo maestro Alessandro Di Agostino, pure lui a Tokyo nell’angolo azzurro, che lo scorso ottobre ha perso la moglie Serena (ex schermitrice di soli 38 anni) per un incidente in moto. L’argento vinto è anche per lei.