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IRROMPE TAMBERI L’ATTESA È FINITA «HO FATTO QUELLO CHE SERVIVA»
L’OCCASIONE Dalla lesione ai legamenti della caviglia che gli costò l’Olimpiade brasiliana, l’atleta marchigiano ha lavorato duro per regalarsi un’altra chance: «È l’appuntamento più importante della mia vita»
Costretto a saltare Rio, il primatista italiano apre stanotte alle 2.15 la corsa azzurra «Da due anni preparo questa gara»
Il giorno atteso da nove anni è finalmente arrivato. Gianmarco Tamberi, alle 2.15 della notte italiana (le 9.15 locali), con la qualificazione dell’alto debutterà ai Giochi di Tokyo. In pedana, con lui, Stefano Sottile. Prima, tra i 76 azzurri attesi in gara, a seconda della composizione delle diverse batterie toccherà soltanto a uno o a più di uno dei tre siepisti, i gemelli Ala e Osama Zoghlami e Ahmed Abdelwahed. Insomma: è come se Gimbo andasse di fretta, come se di aspettare non ne potesse davvero più. Poco importa se il calendario non lo ha certo stabilito lui. E allora via, tra i primissimi: c’è da liberare l’istinto e osare oltre ogni limite. «È l’appuntamento più importante della mia vita – conferma - e non vedo l’ora di affrontarlo. Scalpito, letteralmente».
L’attesa Dopo nove anni di emozioni represse. Nove, sì. Perché archiviata la partecipazione a
Londra 2012 da ragazzino ventenne, a Rio 2016 andò come andò. Cioè non andò affatto. L’infortunio ai legamenti della caviglia di stacco subito al meeting di Montecarlo, pochi minuti dopo il suo volo più ardito di sempre (a 2.39) e alla vigilia del viaggio verso il Brasile, gli ha segnato l’intera carriera. In Sud America andò, ma con il gambone ingessato, le stampelle e le lacrime, copiose, in tribuna a seguire gli amici avversari. Poi Tokyo e il posticipo di un anno per Covid. E tutto, anche la vita privata, che resta in sospeso, in bilico. Tra cure del sonno per adeguare le lancette dell’orologio biologico, un locale di fianco a casa adibito a centro fisioterapico e una lavagnetta in cucina sulla quale, con un gessetto, appuntare giorno dopo giorno il countdown olimpico. Per non dire della dieta, in determinati periodi più che ferra. Altro che dolce ossessione. I Giochi, per il neo poliziotto, hanno rischiato di diventare un incubo. «Ho fatto tutto quello che dovevo – ripercorre -: se mi volto indietro, vedo le mie scelte e non le cambierei. Ho messo l’atletica davanti a tutto, con l’obiettivo di tornare al vertice, di arrivare a giocarmi qualcosa di grande con i migliori. Credo di esserci riuscito ed è per questo che adesso sono sereno: guardo al mio percorso con il sorriso, convinto che non avrei potuto fare tanto di più».
La stagione Adesso, però, il giorno tanto atteso è arrivato e l’anconetano ha da fare i conti solo con se stesso. Non è nella condizione che aveva nel 2016, prima di Rio. «Probabilmente ho meno sicurezze – ammette – ma le stesse ambizioni e i medesimi sogni». Dopo un’esaltante stagione invernale, le gare all’aperto sono state un ottovolante, con pochi alti (il 2.33 del 10 giugno al Golden Gala di Firenze) e diversi bassi (il 2.20 del 6 giugno a Hengelo e, soprattutto, il 2.21 del 9 luglio a Montecarlo, nell’ultima uscita prima del volo in Giappone). Gimbo, tra l’altro, è stato il primo dell’intera delegazione a lasciare l’Italia. A partire da venerdì 16, insieme a papà-coach Marco, al fisioterapista Andrea Battisti e, non senza qualche polemica, alla fidanzata promessa-sposa Chiara, per acclimatarsi e smaltire il fuso orario, ha trascorso tredici giorni presso il campus universitario di Tokorozawa prima di spostarsi, ieri, al Villaggio. «È stato un periodo molto positivo –
racconta il padre Marco, olimpico a Mosca 1980 nella stessa specialità del figlio – trascorso in un’ottima struttura, in un clima sereno, con il campo di allenamento a poche centinaia di metri e un’organizzazione perfetta anche grazie a Davide Tizzano e Giovanni, direttore e cuoco del centro olimpico di Formia». Con il passare dei giorni, sono arrivati sempre più compagni. Tutti inevitabilmente sintonizzati sulle gare olimpiche degli azzurri degli altri sport. Le attenzioni di Tamberi sono andate in particolare su nuoto e scherma. «Noi dell’atletica – dice da capitano – siamo numerosi, ci manca una super punta, ma è innegabile che il movimento, nel complesso, negli ultimi anni sia molto cresciuto».
La gara Alla qualificazione si presenteranno in 33: alla finale di domenica saranno promossi in 12 o chi salterà 2.30, la misura di ammissione. La progressione prevede 2.17, 2.21, 2.25, 2.28 e, appunto, 2.30. «Penso potrà bastare anche un 2.28 – dice ancora Marco –: Gimbo, in un caso o nell’altro, non dovrebbe avere troppi problemi. Dopo il flop di Montecarlo
ha svoltato, ha ritrovato stabilità, la sua rincorsa e il suo salto. Di conseguenza ha riacquistato le proprie sicurezze. Abbiamo anche fatto tre sedute di tecnica, una ad Ancona, la mattina della partenza e due qui, con l’asticella posta a quote importanti. Le risposte sono state confortanti. Ora sta a lui mettere in pratica quel che ha fatto nell’ultimo periodo. Se ci metterà anche le sue qualità da agonista, l’obiettivo che ci siamo posti sarà raggiungibile. Sarà in pedana per lottare, per essere protagonista».
Gli avversari Come già ai Mondiali di Pechino 2015, quando con 2.29 passò in finale per il rotto della cuffia, la qualificazione sarà di primo mattino. «Non credo diventerà un problema – dice Gianmarco – è da due anni che preparo questo appuntamento, orario compreso. Piuttosto sarà subito gara vera. Il livello è alto e ci sono almeno cinque atleti da mettere nel mirino: i russi Ivanyuk e Akimenko, il bielorusso Nedasekau, il qatarino Barshim e lo statunitense Harrison. Io? Credo di essere nel gruppo, me lo merito». Eccome, Gimbo.
GLI AVVERSARI «Sarà subito gara vera, il livello è molto alto. Ho almeno cinque atleti da mettere nel mirino: Ivanyuk, Akimenko, Nedasekau, Barshim e Harrison. Ma credo di essere anche io nel gruppo»