Bomber Di Fulvio
L’UOMO GOL DEL «NOI NON TEMIAMO NESSUNO»
Grande protagonista della rimonta sugli Usa, l’attaccante guarda avanti «Siamo carichi, miglioreremo Rio»
protagonisti in acqua. Ora è la generazione Di Fulvio al potere. La squadra sta carburando: ambiziosa e decisa. «Siamo carichi, vogliamo migliorare il bronzo dell’ultima Olimpiade». A Rio c’erano altre regole, nel senso della tolleranza: ora si gioca una pallanuoto meno “fisica” che consente a quelli come Di Fulvio di esprimere ed esaltare maggiormente il proprio talento. «Stanno cambiando molte cose - conferma Di Fulvio - noi siamo stati bravi ad adattarci. L’oro mondiale ci ha dato un’altra spinta». Francesco poi entra nel clima olimpico, nelle situazioni di quest’avventura sotto pandemia: «Ci stiamo adattando a tutte le situazioni che si possono creare in acqua e fuori. È molto impegnativo a livello mentale questo torneo. Bisogna reggere sino alla fine. Come? Cercando di rimanere sempre calmi, anche nei momenti di difficoltà. I giapponesi sono fiscali, dobbiamo ingredienti che Sacchetti aggiunge a questo straordinario gruppo che ha costruito. Ha cominciato a forgiarlo prima del Preolimpico di Belgrado, ha valutato anche le persone prima degli uomini, aiutando poi i giocatori a trovare le chiavi per diventare subito squadra. «Questo è un gruppo che ogni giorno supera i propri limiti racconta Sacchetti -. I ragazzi stanno bene insieme e non hanno ancora perso la brillantezza di Belgrado. Questo ci sta permettendo, nei momenti di difficoltà, di venirne fuori alla grande. Abbiamo tanti giocatori che sono saliti di livello giocando le coppe europee, ma dobbiamo continuare a migliorare. Siamo venuti a Tokyo per confrontarci con i essere forti di testa». Entrato nell’Esercito, che lo sta trattando come se fosse dentro una famiglia, sopratutto quand’è in caserma a Roma, ora per Di Fulvio si aprono scenari lusinghieri.
È dagli anni giovanili che miete gol, periodo di crescita cruciale che ricorda volentieri: «I momenti più belli della carriera». Lo manda papà Franco, che vinse lo scudetto, la Coppa Campioni e la Supercoppa nell’87 col Pescara di cui ora è allenatore in Serie B. Francesco ha due fratelli pallanotisti, Andrea e Carlo e pure la mamma Monica è una tenace triatleta che fa l’istruttrice di nuoto. «Ma a casa non parliamo solo di sport e di piscine, anche se i consigli di mio padre li ho sempre accettati volentieri. Di lui ho sempre apprezzato la concretezza: decise di ritirarsi quando nacque il primogenito, per dedicarsi completamente al lavoro e alla famiglia». migliori». L’Italia alle Olimpiadi non ci doveva nemmeno essere, questo gruppo non ci doveva nemmeno essere con questo c.t. al timone. Invece, dopo aver fatto di nuovo sventolare la bandiera italiana tra quelle del basket ai Giochi dopo 17 anni di assenza, questa Nazionale si ritrova ad un passo dai quarti di finale, ad una sola partita di distanza dall’ingresso tra le migliori otto delle Olimpiadi. Merito di una squadra straordinaria, capace di superarsi, di regalare emozioni. E merito di chi li guida dalla panchina 2’30” Se nasci a Pescara il pensiero va al periodo dell’epoca d’oro con Manuel Estiarte: «Un mito per me e per tutti quelli che praticano questo sport». Un giorno, chissà, giocherà a Pescara, dopo aver fatto il giro d’Italia tra Roma e Florentia, Brescia e Recco. Il primo allenatore di Francesco nella Simply è stato Marco D’Altrui (oro olimpico a Barcellona ‘92) mentre Franco era cresciuto con D’Altrui senior, Geppino (oro a Roma ‘60). Le Olimpiadi nel destino. Francesco ha i cromosomi del fenomeno, ma non è un tipo da frasi iperboliche. È un campione molto discreto, che ha fatto il salto di qualità a Recco, il cui gruppo a sua volta è un punto di forza della Nazionale.
Dopo i cinque gol agli americani, dice: «Abbiamo sofferto la loro aggressività. Sapevamo che sarebbe stata una partita molto difficile, soprattutto a livello fisico. Siamo riusciti a rimontare come squadra: ci siamo compattati in difesa, abbiamo sofferto in attacco e piano piano siamo rientrati. All’inizio eravamo inguardabili: stavamo ancora dormendo. Dobbiamo eliminare questi blackout. Sappiamo qual è il nostro valore: abbiamo rispetto di tutti, ma non temiamo nessuno». È la carica del ragazzo di talento, funzionale al gioco e agli schemi di un tecnico esigente come Sandro. Ora che il gioco comincia a farsi duro, serve l’apporto di Di Fulvio per fare la differenza. Il figlio d’arte può rivelarsi l’uomo del destino di una squadra che ha già vinto tre ori olimpici. La storia reclama l’ultimo Settebello: Di Fulvio ne è il simbolo proiettato anche nel futuro. Tornano i giorni di Palombella azzurra. 3’09”