Le ragazze sono un terzo dei tesserati
La lunga traversata del deserto del canottaggio femminile azzurro, dalla prima partecipazione olimpica all’oro epocale di Cesarini e Rodini, non può che durare quasi quarant’anni: Los Angeles 1984, Tokyo 2021. Le gare in rosa debuttano a Montreal ‘76 e otto anni più tardi anche l’Italia fa il suo esordio con il singolo e il quattro di coppia, che si fermano alle batterie. Una presenza di bandiera, perché il seme gettato non darà frutti almeno fino al 1996 ad Atlanta, quando l’occasione di mettere finalmente sulla mappa le donne tricolori sfuma per 27 centesimi, il distacco che separa il doppio leggero di Lisa Bertini e Martina Orzan da un bronzo che schiuderebbe nuovi orizzonti. Da quel momento, solo di fiammate. Perché manca sempre un programma strategico, pallavolo, atletica e basket sono più attraenti e perché l’attività femminile sconta il più antico dei preconcetti: remare è dannoso per il fisico, lo ingrossa innaturalmente e lo rende più soggetto agli infortuni.
La svolta Insomma, si riparte sempre da zero, però il nuovo corso del Cio, che da questa edizione olimpica introduce lo stesso numero di gare per uomini e donne, impone un obbligato cambio di rotta. Dopo Rio, il settore femminile affianca quello maschile come asset strategico per la Federazione guidata da Giuseppe Abbagnale, che ne affida la responsabilità a Stefano Fraquelli. L’indirizzo è semplice: allargare la base senza distinzione tra pesi leggeri e senior almeno all’inizio, per consentire a tutte di confrontarsi e fare emergere i talenti migliori. I risultati di eccellenza a livello juniores, poi, evitano che le ragazze si perdano nel passaggio all’attività assoluta, mentre le crescenti aperture al tesseramento dei Gruppi sportivi militari per le donne è un plus, perché fornisce sicurezza economica senza rinunciare allo sport per gli studi o le professioni. Intanto, con l’humus culturale che cambia, dei 75.000 tesserati della Fic un terzo adesso sono di sesso femminile dopo che si è partiti da una proporzione di nove a uno. Una rivoluzione copernicana che si è riverberata sulle qualificazioni olimpiche: dal 1984 al 2016, l’Italia ha portato ai Giochi 10 equipaggi femminili con 21 atlete, e mai più di due barche. A Rio, ne abbiamo portati 4 con 10 ragazze. E adesso c’è pure un oro a fare da calamita.
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