Il tridente delle meraviglie non sarà mai un problema L’esempio del Brasile ’70
essi, Mbappé e Neymar, a patto che giochino sempre al massimo delle loro possibilità, non saranno mai un problema. Altrimenti si dovrebbe sostenere che un editore non può avere in catalogo Dante, Petrarca e Boccaccio o che un regista non può schierare nel cast del suo film attori come Robert De Niro, Al Pacino e Robert Redford. Il talento e la fantasia, soprattutto nel calcio (che, oltre a essere uno sport, è anche un’arte), sono sempre i benvenuti. Semmai si tratta di affidare ai fuoriclasse le giuste parti in commedia, e qui interviene la bravura dell’allenatore che, proprio come uno scrittore, deve dare equilibrio alla trama senza che i personaggi eccedano in monologhi o debordino nelle azioni.
MIl Brasile che nel 1970 conquistò la Coppa Rimet aveva in squadra addirittura cinque numeri 10: Jairzinho (Botafogo), Gerson (San Paolo), Tostao (Cruzeiro), Pelé (Santos) e Rivelino (Corinthians). Giocare insieme, per loro, non era un problema (semmai lo era per gli avversari), ma un divertimento. A metterli d’accordo fu un uomo che di mestiere faceva il giornalista e, dalla sera alla mattina, nel febbraio del 1969, fu affidata la guida della Seleçao: si chiamava Joao Saldanha. Inventò quella formula, vinse le qualificazioni, diventò un idolo del popolo e, poiché non era politicamente schierato con il regime militare, venne esonerato prima del Mondiale messicano e sostituito con Zagallo. Ma l’idea dei cinque numeri 10 fu sua, tanto che la spiegò nella conferenza stampa di presentazione.
Ecco, per non fallire nell’impresa, a Pochettino basterà guardarsi indietro e cercare nel passato la strada verso un futuro di gloria. Quel famoso Brasile del 1970, sia detto a chi oggi sostiene che il Psg sarebbe troppo squilibrato con il tridente Messi-Mbappè-Neymar, è considerato dalla Fifa la squadra più forte e più bella di tutti i tempi. I campioni non sono mai stati, non sono e non saranno mai un problema. Il problema del calcio sono invece quegli allenatori, e speriamo che Pochettino non appartenga a questa schiera, che, per un eccesso di vanità o di presunzione, pretendono di salire sul palcoscenico al posto dei giocatori, di imporre schemi più arzigogolati di un quadro barocco e, soprattutto, di imprigionare gli atleti in assurdi moduli tattici. Da che calcio è calcio, la libertà e la fantasia sono due qualità essenziali per raggiungere il divertimento, se non addirittura l’estasi. Date campo e palla a Messi, Neymar e Mbappè, come li diedero ai fenomeni del Brasile ’70, e non ve ne pentirete.