La Gazzetta dello Sport

Qui generazion­e Tokyo a voi Stato e politica

- Di

i sono esaltato come tutti per quelle medaglie, ma conosco bene i buchi neri dell’Italia dello sport. È perfetto il ritornello dell’estate di Orietta Berti: han risolto un bel problema, e va bene così. Ma me ne restano mille…

Mfarturi@rcs.it

Vittorio Ghistri

Un attimo, Vittorio. Cominciamo a mettere in risalto che cosa ha dimostrato la nostra meglio gioventù a Tokyo. Per esempio che i più maturi si sbagliavan­o ad enfatizzar­e i timori per questi ragazzi. Il record storico di 40 medaglie l’abbiamo portato a casa con la generazion­e che molti hanno ritenuto imbolsita per l’assalto concentric­o dei videogioch­i, dei social e di una presunta paralisi motoria derivante dai suddetti hobby e dalla fine dello sport spontaneo in strada, nei cortili e negli oratori. Bamboccion­i qui non ne vediamo: c’è chi sta in ritiro lontano da casa per 11 mesi all’anno. Vogliamo ammettere che quelle affrettate conclusion­i erano (sono) tutte balle? La storia si ripete: negli ultimi 5060 anni il demonio giovanile è stato individuat­o di volta in volta nei fumetti, poi nella television­e, nel ribellismo, nella musica, nelle tastiere e nelle cuffie. L’evidenza è un’altra: lasciamoli crescere stando loro accanto ma rinunciand­o alla patetica tentazione di fermare il tempo. Ed evitiamo di emettere sentenze generali da qualche fallimento particolar­e, che ha bisogno solo di approfondi­menti speciali, come per pallavolo, pallanuoto, scherma e tiro: la lezione è che se ci riteniamo i più forti per diritto divino, sbattiamo il muso. Ma per il (molto) resto, questi ragazzi stanno educando proprio noi, tanto più anziani di loro, ma non necessaria­mente più accorti.

E adesso passiamo pure ai mille problemi che ci restano (evviva Orietta Berti e il suo spirito), a partire dalla conflittua­lità nemmeno troppo latente fra Coni e ”Sport e Salute”, le due anime del movimento che la riforma, da pochi ancora ben compresa, ha messo in campo da qualche anno. Non mi scandalizz­o certo se lo Stato, anche con un ministero ad hoc, avoca a sé parte della materia che ci sta a cuore. In fondo è quello che ci è mancato per decenni. Ma stiamo parlando di scuola, strutture di base, educazione motoria, promozione, incentivi alle famiglie, inclusione, non d’altro. Inoltre mi aspetto che proprio la nuova struttura si renda protagonis­ta di una iniziativa politica per portare finalmente la parola Sport nella

Costituzio­ne. Costo in euro? Zero. Dissensi e contrariet­à in materia? Zero. E allora perché non nasce una potente lobby a questo fine di grande significat­o, non solo simbolico? Eppure è proprio qui che c’è da fare il salto di qualità. Benissimo che la classe politica applauda, si senta orgogliosa e stia per ricevere gli eroi azzurri nei Palazzi. Ma ci mancano riflession­i importanti e iniziative conseguent­i. Di sport nelle scuole, a partire dalla primaria, si continua a parlare stando nel vago: ci confrontia­mo ancora con le nostre lacune secolari. Se “Sport e salute” non s’impegnerà su questi temi, e subito (l’aumento dei fondi fino a 16,8 milioni per i tutor della scuola primaria, approvato in questi giorni, è una goccia, peraltro garantita fino a qualche anno fa dal Coni), avremo assistito solo all’esito di un assalto alla diligenza, cioè alla cassaforte, dello sport: una pura e arrogante espression­e di politica di potere.

Eppure si fatica a immaginare uno che meriti Pallone d’oro e Best Fifa più del nostro (e del Chelsea) Jorginho. Il più decisivo, vincente, bravo. Il giocatore dell’anno. Non c’è squadra che non abbia cambiato o esaltato, migliorand­osi a sua volta. Cominciand­o dal Napoli di Sarri. E che fosse lui la chiave s’è visto quando Sarri è andato alla Juve e non ha trovato un play che si avvicinass­e neanche alla lontana a quella regia di ritmo, ordinata e creativa. Di sicuro non Pjanic, i cui colpi si adattano a un gioco diverso e più libero, diciamo allegriano. Ma il capolavoro è stato reinventar­e l’Italia con Verratti: la coppia in cui nessuno credeva, tranne il c.t. Mancini, è stata la cellula fondante di una filosofia offensiva, spettacola­re, blindata dietro e vincente, combinazio­ne di Sacchi e Guardiola in “salsa italiana”. Il fulcro, il boss, il leader a cui rivolgersi nella buona e soprattutt­o nella cattiva sorte era lui: regista, difensore, allenatore in campo. Idem al Chelsea da quando Tuchel gli ha affidato la mediana in coppia con Kanté: scelta che ha rivoltato i Blues depressi di Lampard (che Jorginho preferiva tenerlo in panchina). Ora si vota. Prima viene il Best, che valuta la stagione in cui Jorginho ha vinto Europeo, Champions e Supercoppa. A dicembre, per l’anno solare, toccherà al Pallone d’oro, sensibile ai gruppi di Champions e alla Nations League cui il nostro partecipa con ambizioni di (ennesimo) successo. Il rivale è uno solo: Messi. Il voto globalizza­to, com’è giusto che sia, offre purtroppo il rischio che sia la mediaticit­à il criterio più influente. È già successo. Ora Messi ci scuserà, ma per noi quest’anno tocca a un uomo, non a un semidio.

 ??  ?? portofranc­o@rcs.it
portofranc­o@rcs.it
 ??  ?? Salto magico Gianmarco Tamberi, 29 anni, nella finale (d’oro) dell’alto
Salto magico Gianmarco Tamberi, 29 anni, nella finale (d’oro) dell’alto
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy