La Pramac punta al bis Campinoti: «Un Martin così romperà le scatole a tanti»
Morale alle stelle dopo la prima vittoria per il pilota e il team. Quartararo lo teme: «Non ragiona da rookie»
un certo punto sembrava che fosse tutto finito. La crisi che aveva messo in ginocchio la Spagna aveva colpito duro a casa Martin Almoguera, con Angel e Susana, i genitori del piccolo Jorge che si apprestava a debuttare in Rookies Cup, che si trovarono senza il loro lavoro in banca e, di fronte, un bivio: o il ragazzino smetteva, o bisognava chiedere aiuto ai parenti. La famiglia allargata non si tirò indietro, e venne ricompensata, perché oltre ad andare forte, nel 2013, anno in cui chiuse 2° il campionato ideato dalla KTM, Jorge fece l’incontro che gli cambiò la vita. Quello con Albert Valera, allora manager di Jorge Lorenzo e oggi anche del “Niño maravilla” Pedro Acosta. «Lo notai al Mugello, quando vinse. Ero nel motorhome con Lorenzo, che disse come quel ragazzino sembrava un super talento per come guidava – racconta Valera -. L’anno dopo vinse il titolo e nel 2015 ecco il salto nel Mondiale, prima due stagioni con Aspar Martinez e Mahindra, quindi il passaggio da Fausto Gresini, col titolo Moto3 del 2018».
ATre anni dopo il trionfo con Fausto, quel ragazzo dagli occhi scuri e profondi e dalla pelle ambrata, che nelle vene ha tracce di sangue arabo («L’origine del mio cognome ha a che fare col termine sicari» ride) ha scritto una pagina importante. Ci sono volute solo sei gare in classe regina, a Martin, ma appena quattro da sano, dopo il tremendo incidente il venerdì del GP del Portogallo che lo ha lasciato a terra con 7 fratture sistemate con tre operazioni, per conquistare la prima vittoria sua e della Pramac, il team satellite Ducati, che in passato aveva vinto (ma come sponsor) con Mako
Jorge Martin, 23 anni, dopo la vittoria di domenica scorsa a Zeltweg. Lo spagnolo, iridato della Moto3 nel 2018, è alla prima stagione in MotoGP con la Ducati Pramac to Tamada e la Honda, ma che non era mai riuscito a primeggiare con le moto di Borgo Panigale. «Domenica è stata una liberazione, ci siamo andati tante volte vicino, ma qualcosa era sempre andato storto» racconta il team manager Francesco Guidotti. Come l’anno scorso proprio qui a Zeltweg, quando Jack Miller si presentò in testa all’ultima curva, ma fu beffato da Miguel Oliveira. O come quando, sempre lo scorso anno a Valencia-2, l’australiano si arrese per un battito di ciglia a Franco Morbidelli dopo un ultimo giro da cardiopalma.
La “liberazione” è arrivata in un anno speciale, la 20a stagione iridata del team senese, che fino a domenica si godeva (e continua a farlo) Johann Zarco 2° in generale, ma ora inizia a stropicciarsi gli occhi con Martin. «Ammetto che fa strano aver vinto la prima gara con lui: tra Bagnaia, Miller e Zarco, Jorge era l’ultimo a cui avresti pensato domenica – continua Guidotti -. Ma già in Qatar-2 aveva fatto vedere di cos’era capace, pole e a lungo in testa prima di chiudere 3°. Poi si è fatto male, ma ora che è tornato al 100% ha preso al volo l’occasione. E questa è una caratteristica dei campioni. Due pole, un terzo e una vittoria sono un bel segnale concreto. Anche Quartararo nel 2019 aveva fatto un esordio incredibile, ma lui non ha mai vinto…».
«Da adesso Jorge se lo studieranno un po’ tutti» gongola Paolo Campinoti, proprietario del team sempre più riferimento per Ducati, visto che è dalla sua struttura che negli ultimi anni sono passati - Andrea Dovizioso escluso - tutti i piloti della rossa ufficiale, da Andrea Iannone a Danilo Petrucci, da Francesco Bagnaia a Miller. «Non ho ancora metabolizzato quello che abbiamo fatto, ma sono contento. Avevano vinto tutti tranne noi, era tempo» dice. In ogni caso, visto che Campinoti scaramanticamente ripete che «non siamo noi a dover vincere il Mondiale, quello è il compito della squadra ufficiale», la Pramac il suo Mondiale lo ha già vinto. «Se va avanti così Martin farà girare le scatole a parecchi — assicura Guidotti —. Lo ha già capito Quartararo, che domenica sul retro podio mi ha detto: “Jorge mica ragiona da rookie”. E Fabio, che ci è passato a sua volta, sa bene di cosa sta parlando».