Sempre più vicina
A Eugene, nei 100, la giamaicana (5 volte olimpionica) corre in 10”54: il favoloso primato del 1988 ora è davvero in pericolo EHI, THOMPSON SEI A 5 CENTESIMI DAL MITO GRIFFITH
Un lampo pronto a riscrivere la storia. E un’impresa che fino a ieri sera sembrava irraggiungibile, stellare, marziana, cioè provare a battere il record del mondo dei 100 metri di Florence GriffithJoyner, improvvisamente diventa un obiettivo possibile. A riportare quella prestazione sulla terra dopo quasi 33 anni in cui l’ombra di Flo-Jo ha allontanato le speranze di qualunque velocista è una favolosa Thompson, la cinque volte campionessa olimpica uscita da Tokyo con i titoli di 100, 200 e staffetta veloce (dopo la doppietta individuale a Rio), evidentemente ancora stimolata dall’adrenalina a cinque cerchi: per lei, sulla nuova pista di Eugene che promette faville in vista dei Mondiali dell’anno prossimo, un 10”54 che la avvicina a soli 5 centesimi dal primato più iconico dell’atletica. Fantastica.
Al via dei 100 femminili della tappa di Diamond League che segna la ripartenza della grande stagione dei meeting dopo i Giochi e raccoglie addirittura 60 medaglie giapponesi, ci sono le prime tre di Tokyo: oltre alla regina, le vallette Fraser, argento, e Jackson, bronzo. Soprattutto, la gara delle gare ritrova Sha’carri Richardson, che a Eugene in giugno aveva vinto i Trials statunitensi in 10”72 ma poi si è presa un mese di sospensione per uno spinello galeotto che ha privato l’Olimpiade di una delle sfide più attese. Un duello che non si è riprodotto nell’Oregon, con l’americana evidentemente ancora scossa dalla vicenda e finita mestamente ultima in un insignificante per lei 11”14, mentre davanti la Thompson grazie a una progressione fantastica dai 60 metri e un magnifico lavoro in spinta con i piedi stampava una prestazione colossale, confermandosi la signora di quest’era dello sprint. Un 100 mai visto che replica il podio tutto giamaicano dell’Olimpiade: la Fraser è seconda in 10”73, la Jackson terza in 10”76 (personale eguagliato), la Daniels quarta scende a 10”83 e la svizzera Kambundji, con 10”96, è solamente settima. E pensare che la Richardson si era riscaldata per l’appuntamento debuttando con una nuova acconciatura sorprendente mostrata in un video su Instagram, abbandonando le ciocche blu e platino per un biondo fiammeggiante. Sha’carri alla vigilia, dopo il comprensibile silenzio delle ultime settimane, era anche tornata a parlare: «Se torno indietro, devo solo dire grazie per ciò che mi è successo, perché ho commesso un errore: ma ciò non oscura il mio talento o chi sono. Finalmente torno a fare quello che amo». La ventunenne texana aveva rivelato a una tv di aver assunto la cannabis dopo aver saputo della morte della madre biologica: «So cosa ho fatto. So di essere responsabile. E sono qui per assumermi il peso delle scelte che ho fatto. Ho capito che non puoi scappare dalla realtà, la realtà sarà ancora lì, non importa per quanto tempo scegli di ignorarla, non importa per quanto tempo scegli di pensare che se ne andrà. È stato agrodolce seguire le Olimpiadi in tv, ma quelle immagini mi hanno dato la forza di guardare avanti, di rimettermi subito in gioco». La Richardson si è iscritta sua malgrado all’elenco delle tante atlete di altissimo livello che nel corso dell’estate hanno dovuto fare i conti con il male oscuro dello stress mentale come la ginnasta Simone Biles e la star del tennis giapponese Naomi
Osaka: «Vogliamo esibirci per voi ragazzi e offrire le migliori prestazioni per voi ragazzi, ma allo stesso tempo siamo qui proprio come voi. Quando usciamo dalla pista, quando usciamo dal campo, viviamo la vita proprio come tutti gli altri anche se per un certo periodo di tempo sembriamo dei supereroi».
Che sprint Per lo sprint è stata una giornata davvero magica. Nei 100 maschili, privi dell’olimpionico Jacobs che ha già concluso la stagione, successo per De Grasse, il bronzo di Tokyo che si conferma il più continuo con un 9’74”
sporcato solo da una bava di vento oltre la norma (+2.9) e che dunque non gli vale il primato personale davanti a Kerley (9”78). Sono i 200, però, a fornire lo spunto tecnico più interessante, con il successo di uno splendido Noah Lyles, capace di cambiare marcia dall’uscita della curva fino al traguardo per un 19”52 che è la miglior prestazione mondiale stagionale (ma non il personal best che resta il 19”50 del 2019) e gli avrebbe garantito l’oro olimpico in carrozza. Ha battuto Bednarek (19”80) e il fratello Josephus sceso a un interessante 20”03. Nel mezzofondo, a Ingebritsen
non riesce l’assalto al primato europeo di Cram sul miglio (finisce in 3’47”24). Marginale la presenza italiana: il migliore è il triplista Dallavalle che chiude 5° con 16.80 nella gara dominata dall’olimpionico Pichardo (17.63), mentre la Sabbatini perde il treno delle migliori nei 1500 dominati dalla Kipyegon e chiude decima in 4’04”55. Da dimenticare l’alto della Trost con tre nulli a 1.83. Ora tutti in Europa, a Losanna il 26.