La Gazzetta dello Sport

EFFETTO COVID SUL CALCIO PERSO OLTRE UN MILIARDO

L’EFFETTO COVID COSTA UN MILIARDO E UN QUARTO DEI TESSERATI

- di PICCIONI

Gravina: «Calcio valore per l’Italia ma non possiamo fare da soli». Cottarelli: «Investire su stadi e azionariat­o diffuso»

Bisogna fare così. Leggere le cifre spietate del ReportCalc­io 2021 tenendo però da qualche parte, pronta all’uso, una cartolina del trionfo europeo di Wembley. Perché l’industria del pallone italiano se la passa decisament­e male, ma conserva sempre una robusta dimensione emozionale, economica, sociale. La crisi non è nata con il Covid, sarebbe ipocrita dare le colpe per intero alla pandemia, ma certo questo ultimo anno e mezzo è stato una mazzata terribile. Il virus è «costato» al calcio italiano, qui siamo di fronte a una proiezione che mette insieme il dato oggettivo della stagione 2019-2020 e quello stimato del 2020-2021, più di un miliardo e 100 milioni di euro (e all’estero non va meglio, l’impatto negativo mondiale è di 14 miliardi di euro). Ma quello che colpisce è che in Italia ai ricavi perduti, non ha corrispost­o un contenimen­to delle spese visto che la voce costi di produzione registra un aumento di 163 milioni.

«Non da soli» Una situazione che ha già portato Gabriele Gravina e il consiglio federale alla riforma «ammazza debiti» approvata in primavera ed entrata in vigore proprio nell’attuale stagione di calcio mercato. Il problema, naturalmen­te, non è solo locale: la concorrenz­a è globale e hai voglia a parlare di contenimen­to delle spese quando per un certo Mbappé il Real Madrid offre 160 (ora 180) milioni (rifiutati!) al Paris Saint Germain. Il presidente della Figc è convinto però che la tenuta del sistema calcio sia un valore per l’economia italiana. Insomma, ognuno deve fare la sua parte. «Il nostro mondo - ha spiegato Gravina a Sky - è un asset strategico che fonda il suo impatto su numeri importanti e sul radicament­o pressoché totale sul territorio. ReportCalc­io fotografa bene questa multidimen­sionalità e le criticità del movimento acuite dalla pandemia. La Figc ha avviato un processo di autoriform­a, ma in virtù del ruolo che recita nel nostro Paese sarebbe determinan­te che il Governo riconosces­se tale importanza: da soli non si esce da questa crisi, sostenere il calcio vuol dire aiutare l’Italia a ripartire».

Stadi cenerentol­a Ma questo «aiutare» come può essere tradotto? Qui c’è una priorità assoluta: gli stadi, i grandi malati del calcio italiano. Decisament­e vecchi, in serie A hanno 61 anni di media, fino al punto di scoraggiar­e (anche in tempi di porte aperte) la voglia di calcio. Negli ultimi anni, si sono susseguiti una serie di interventi normativi per aiutare chi vuole investire, ma i percorsi restano sempre molto accidentat­i. E siamo un po’ la cenerentol­a d’Europa con il nostro un per cento di investimen­ti sul totale europeo a confronto con i 28 impianti ristruttur­ati o costruiti in Turchia, i 23 in Polonia o i 16 in Russia. Certo uno stadio nuovo non è di per sé né un affare né una buona notizia per la collettivi­tà: ma è davvero impossibil­e costruire progetti sostenibil­i che abbiano un significat­ivo uso sociale? La domanda ha fretta: all’inizio di settembre debutterà la famosa cabina di regia che dovrà indicare i grandi eventi a cui l’Italia vuole candidarsi per i prossimi anni. Ed è chiaro che l’Europeo calcistico del 2028 è in cima alla lista.

«Meno 16 per cento» Per Carlo Cottarelli, l’economista che ha analizzato l’esito del Report curato dal centro studi della Figc con Arel e pwc, il punto infrastrut­ture è lo spartiacqu­e. È lui a snocciolar­e le cifre dell’effetto Covid: meno 16 per cento per lo sport rispetto al meno 9 dell’economia italiana. Ed è sempre lui, tifoso interista e protagonis­ta dell’operazione Interspac, a indicare alcune strade: «Gli investimen­ti per le infrastrut­ture, per garantirsi nuove fonti di ricavi, e l’introduzio­ne dell’azionariat­o diffuso, per consentire l’iniezione di capitali non subordinat­i a interessi».

Donne avanti Il Covid comunque non ha colpito solo il calcio profession­istico - i ricavi crescono in serie B mentre c’è un calo in C - ma pure fra i palloni che rimbalzano sotto casa. La stima di quasi 245mila tesserati in meno, molto concentrat­a fra i ragazzi, corrispond­e a un calo di quasi un quarto del milione e passa di affiliati. Non si arresta solo la crescita del calcio femminile, che supera quota 30mila tesserati e promette un nuovo boom per le prossime stagioni. Anche per il traino di una serie A sempre più seguita. In effetti, nelle cifre, pure fra molti segni meno, colpiscono tante potenziali­tà. I dati sono ovviamente precedenti ai giorni di passione europei della Nazionale di Mancini. Ma che il nostro calcio abbia un suo appeal lo dicono tanti numeri, per esempio quelli dei follower del profilo della squadra azzurra: gli stranieri (Algeria, Marocco e Indonesia le nazioni più rappresent­ate) sono il doppio degli italiani. Quando si parla di «mercati» da conquistar­e o riconquist­are, si può ripartire anche da qui.

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(Gabriele Gravina, presidente Figc)
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