Fingere di correre un GP: il brutto autogol della F.1
Non si capisce cosa sia peggio: se far finta di correre un GP o se concluderlo mettendo in scena le interviste ai primi tre classificati (gli stessi delle qualifiche…) e relativo podio - faccenda surreale - come se la gara ci fosse stata davvero. Almeno questo, beffa nella beffa, si poteva evitare. La F.1 ieri a Spa ha offerto un pessimo spettacolo, mancando di rispetto alla storia di uno sport fatto di coraggio e generosità, a tutti gli appassionati presenti in circuito e piazzati davanti alle televisioni e anche alla classifica iridata, falsata da una distribuzione di punti ingiustificata. È bastata l’uscita di pista di Lando Norris all’Eau Rouge nelle qualifiche di sabato, dovuta a un errore di esperienza dell’inglese, per spedire tutta la F.1 in un limbo timoroso che si è trascinato lungo l’intero pomeriggio della domenica finché il direttore di corsa Michael Masi, con suo grande sollievo, ha fatto rientrare la safety-car dopo tre giri – due dei quali validi per assegnare metà punteggio, guarda la coincidenza... - e mandare tutti a casa dopo qualche minuto di inutile attesa. Erano quasi le sette di sera, faceva già buio, e la nebbia era scesa sui boschi delle Ardenne che circondano il circuito: lo sapevano anche i sassi che, a quel punto, era troppo tardi per assistere a qualcosa che assomigliasse vagamente a un GP.
La F.1 è nata nel 1950 e ha affrontato interi decenni in cui i piloti non sapevano se sarebbero tornati a casa la domenica sera dopo una corsa. Lo accettavano, andava bene così. I tempi sono cambiati: nessuno vuole giustamente vedere incidenti drammatici, e men che meno morti o feriti, ma la grandezza di questo sport sta anche nella capacità dei suoi protagonisti di affrontare i rischi e le condizioni difficili, quelle in cui – come dicono i britannici – «si vede la differenza tra gli uomini e i bambini». Evitare di gareggiare perché piove forte e, su una pista vera, la visibilità è ridotta fa torto a pagine epiche dei GP, alle imprese di Ayrton Senna - per fare solo un nome - e tanti prima e dopo di lui. Fa torto a chi ha comprato a peso d’oro un biglietto per vedere uno spettacolo che non c’è stato, dopo essere rimasto un giorno intero sotto la pioggia. Fa torto al Mondiale, che vede Max Verstappen (del tutto incolpevole, peraltro) guadagnare 5 punti su Lewis Hamilton dopo aver seguito per tre giri l’auto di servizio in una processione utile a salvare solo forma e incasso. Non si poteva rinviare la gara al lunedì? Benissimo, allora bastava annullarla e restituire i soldi agli spettatori. Sarebbe stato più dignitoso, e anche sportivamente corretto: non è certo un successo di cui, a fine carriera, l’olandese si vanterà. L’alternativa era dare il via quando previsto e lasciare che i piloti facessero ciò per cui sono pagati e che amano: correre. Avremmo tenuto tutti il fiato sospeso, ma ci saremmo emozionati e avremmo visto qualche gesto da fenomeni: e cos’è la F.1, in fondo, se non questo?