BARLAAM L’ORO DEL PREDESTINATO «UNA VITTORIA CHE MI ELETTRIZZA»
Dal nuoto arrivano altri 3 primi posti in una giornata indimenticabile e da record per lo sport azzurro con nove podi complessivi
Avere aspettative carica di responsabilità, me la facevo sotto Una montagna russa di emozioni e poi la premiazione di Pancalli...
Simone Barlaam
Medaglia d’oro nei 50 stile libero
Sydney, Australia. C’è un ragazzo italiano, ha diciassette anni e una gamba più corta dell’altra. Un dettaglio, ormai, per lui. Sono le 5 del mattino quando si tuffa in piscina. Ore di allenamenti, poi libri e divisa, entra alla Castle High School. Lezioni. Studio. A casa la cena, con una nuova famiglia, che lo è per un anno. A letto. Sveglia alle 5 e si ricomincia. Per raccontare Simone Barlaam, la grande sensazione del nuoto paralimpico non solo italiano, si possono usare tanti momenti. Magari partire da quei giorni in Australia da exchange student, quando gareggia con atleti senza disabilità e vince. Impegnandosi anche fuori dall’acqua.
Prima La sua prima medaglia d’oro alla Paralimpiade nasce anche in quei giorni. Un oro bellissimo (in una domenica bellissima per l’Italia: 3 primi posti e 9 medaglie in tutto, record azzurro delle paralimpiadi in una giornata), voluto e cercato da anni, nella gara che ama, i 50 stile libero S9, dove è campione del mondo ed europeo. Era la sua seconda gara all’Acquatic Centre di Tokyo. Quella dell’esordio poteva andare meglio, sesto, ma non era per lui, che è un velocista: «Questo successo mi dà euforia e carica per i prossimi giorni di gara». E’ arrivato alla Paralimpiade come l’atleta da battere: «Avere tante aspettative carica di responsabilità, un po’ me la stavo facendo sotto...». Ha dominato gli ultimi Mondiali, a Londra: 5 medaglie d’oro e una d’argento per l’Italia che ha conquistato il primo posto nel medagliere. Lo stesso ha fatto agli scorsi Europei in Portogallo. E’ nato con ipoplasia del femore destro, studia ingegneria al Politecnico di Milano. Aveva cominciato con il triathlon. Era il 2014, proprio a causa della sua condizione aveva appena imparato ad andare in bici. Papà, uno che corre maratone e corse estreme, gli propone un viaggio: «Io e te in bici da Parigi a Londra». Partono e in una settimana arrivano. Pochi mesi dopo partecipa al campionato italiano paralimpico di triathlon: terzo. Niente male. Ma poi torna al primo amore. Perché in acqua si è tuffato dopo pochi mesi di vita ed è diventata più che una terapia. Nuotava con bimbi senza disabilità. Entrava in piscina per gli allenamenti o le gare. I genitori degli altri ragazzi lo guardavano arrivare con le stampelle e dicevano: «Poverino». Per fortuna non li sentiva. Prima gara: terzo su tre. Oggi li batterebbe tutti alla grande.
Milano Si allena a Milano con lo splendido gruppo di nuotatori della Polha Varese voluto dalla Presidente, Daniela Colonna Preti, e guidato da Max Tosin, un allenatore di quelli che all’estero ci invidiano. Lì ha conosciuto Federico Morlacchi, portabandiera azzurro, colui che ha dato una spinta decisiva al movimento. E’ diventato il suo punto di riferimento. Più che un fratello: «Per me è ispirazione e modello». Alla sua prima Paralimpiade lo ha di fianco. Agli ultimi Mondiali con lui ha fatto un ex aequo incredibile e rarissimo sui 100 stile libero. Fu una doppia medaglia d’oro che pose l’Italia prima nel medagliere, la nazione più importante in piscina. Con lui a Tokyo c’è anche Michaela Biava, mental coach e tecnico col gruppo milanese della Polha. Lo ha aiutato a metabolizzare il 6° posto della prima gara. Ha vinto sui 50 anche se qualcuno degli atleti in gara ha una classificazione forse un po’ generosa e una disabilità minore. A premiarlo è stato Luca Pancalli, cosa importante per lui: «Emozione indescrivibile,
da montagne russe. Ricevere la medaglia da Luca mi ha fatto sentire ancora di più la vicinanza del mondo paralimpico italiano, un onore pazzesco». Per diventare quello che è ha avuto bisogno anche degli altri: «La mia società, la Polha, ha avuto una parte importantissima nel mio percorso. Tutte le società sul territorio stanno facendo un lavoro fondamentale per la Nazionale: sta crescendo anno dopo anno grazie alla Federazione Nuoto Paralimpico e ai comitati regionali. Stanno trovando nuovi iscritti: poco alla volta diventeranno atleti. E speriamo che l’onda non sia finita. Quello paralimpico è un mondo che mi piace un sacco, bellissimo».