Dal falso nove al turnover il Milan trova le soluzioni
Èdifficile trovare difetti a Stefano Pioli, ma è ancora più difficile scoprire nuovi motivi per spiegare la crescita del suo Milan, che ha appena strapazzato l’Atalanta al di là del punteggio. Eppure, proprio la lezione di gioco alla squadra di Gian Piero Gasperini ha evidenziato altri due meriti del tecnico, a livello generale e particolare, che vale la pena sottolineare. Il primo ci riporta alle tante discussioni sul “falso nueve” del grande Barcellona di Pep Guardiola. Nessun paragone con quello squadrone che davanti aveva un certo Leo Messi, ma una semplice proprio come è Pioli constatazione. In attesa di Zlatan Ibrahimovic, del suo vice Olivier Giroud e della terza scelta Pietro Pellegri, questo Milan gioca, segna e vince senza un centravanti di ruolo e siccome il successo di Bergamo è stato il frutto di una schiacciante superiorità, tecnica e tattica, i meriti sono tutti di Pioli. Le cifre applicate al calcio sono spesso fuorvianti, a cominciare da quelle sul possesso-palla, ma in certi casi spiegano meglio di tanti discorsi. E allora, ricordare per credere, dov’era il Milan un anno fa dopo sette giornate, quando era solo al comando, spinto soprattutto dai gol di Ibrahimovic capocannoniere a quota 8, la metà esatta di quelli realizzati dalla squadra. Adesso i rossoneri hanno due punti in più, pur avendo segnato una rete in meno (15) ma con nove giocatori, i cui migliori goleador sono Diaz e Leao (3), seguiti da Tonali e Giroud (2), Rebic, Hernandez, Ibrahimovic, Maldini e Calabria (1). Nessuna dipendenza dal centravanti, quindi, chiunque sia, come conferma il fatto che soltanto tre volte su sette Pioli ha potuto schierare Giroud dall’inizio, contro Sampdoria, Cagliari e Spezia, mentre Ibrahimovic si è visto in un’unica occasione, quando è entrato dalla panchina e ha firmato il 2-0 contro la Lazio. Eppure, anche con i suoi “falsi nueve” Rebic, Leao o Diaz, il Milan ha segnato in tutte le partite, comprese le due di Champions, e in campionato ha già stravinto contro le “big” Lazio e Atalanta, sfiorando il successo sul campo della Juventus. Facile, allora, chiedersi dove sarebbero il Napoli di Luciano Spalletti e l’Inter di Simone Inzaghi, se non potessero avere in tutte le partite Osimhen, Dzeko e Lautaro, per comprendere una volta di più l’impresa di Pioli, da applaudire anche per un ultimo, ma non banale, particolare. Ci riferiamo alla decisione di confermare Franck Kessie, che alla vigilia sembrava destinato alla panchina. Come ha spiegato Paolo Maldini poco prima della gara di Bergamo: “La gestione dei contratti la facciamo noi, quella del campo la fa l’allenatore”. Con una dimostrazione di grande personalità, Pioli non si è lasciato condizionare dai tanti inviti a escludere il giocatore, accusato di essere distratto per il rinnovo del contratto, e dalla panchina ha vinto anche questa sfida. Kessie, preferito a sorpresa a Ismael Bennacer. L’ivoriano è apparso in crescita e così sarà un uomo in più, non in meno, nella corsa verso lo scudetto: l’obiettivo non più segreto di Pioli, che pensa soltanto al presente del Milan e non al suo futuro. Perché per uno come lui il contratto non è mai stato, e non sarà mai, un problema.