La Gazzetta dello Sport

Dal falso nove al turnover il Milan trova le soluzioni

- di Alberto Cerruti

Èdifficile trovare difetti a Stefano Pioli, ma è ancora più difficile scoprire nuovi motivi per spiegare la crescita del suo Milan, che ha appena strapazzat­o l’Atalanta al di là del punteggio. Eppure, proprio la lezione di gioco alla squadra di Gian Piero Gasperini ha evidenziat­o altri due meriti del tecnico, a livello generale e particolar­e, che vale la pena sottolinea­re. Il primo ci riporta alle tante discussion­i sul “falso nueve” del grande Barcellona di Pep Guardiola. Nessun paragone con quello squadrone che davanti aveva un certo Leo Messi, ma una semplice proprio come è Pioli constatazi­one. In attesa di Zlatan Ibrahimovi­c, del suo vice Olivier Giroud e della terza scelta Pietro Pellegri, questo Milan gioca, segna e vince senza un centravant­i di ruolo e siccome il successo di Bergamo è stato il frutto di una schiaccian­te superiorit­à, tecnica e tattica, i meriti sono tutti di Pioli. Le cifre applicate al calcio sono spesso fuorvianti, a cominciare da quelle sul possesso-palla, ma in certi casi spiegano meglio di tanti discorsi. E allora, ricordare per credere, dov’era il Milan un anno fa dopo sette giornate, quando era solo al comando, spinto soprattutt­o dai gol di Ibrahimovi­c capocannon­iere a quota 8, la metà esatta di quelli realizzati dalla squadra. Adesso i rossoneri hanno due punti in più, pur avendo segnato una rete in meno (15) ma con nove giocatori, i cui migliori goleador sono Diaz e Leao (3), seguiti da Tonali e Giroud (2), Rebic, Hernandez, Ibrahimovi­c, Maldini e Calabria (1). Nessuna dipendenza dal centravant­i, quindi, chiunque sia, come conferma il fatto che soltanto tre volte su sette Pioli ha potuto schierare Giroud dall’inizio, contro Sampdoria, Cagliari e Spezia, mentre Ibrahimovi­c si è visto in un’unica occasione, quando è entrato dalla panchina e ha firmato il 2-0 contro la Lazio. Eppure, anche con i suoi “falsi nueve” Rebic, Leao o Diaz, il Milan ha segnato in tutte le partite, comprese le due di Champions, e in campionato ha già stravinto contro le “big” Lazio e Atalanta, sfiorando il successo sul campo della Juventus. Facile, allora, chiedersi dove sarebbero il Napoli di Luciano Spalletti e l’Inter di Simone Inzaghi, se non potessero avere in tutte le partite Osimhen, Dzeko e Lautaro, per comprender­e una volta di più l’impresa di Pioli, da applaudire anche per un ultimo, ma non banale, particolar­e. Ci riferiamo alla decisione di confermare Franck Kessie, che alla vigilia sembrava destinato alla panchina. Come ha spiegato Paolo Maldini poco prima della gara di Bergamo: “La gestione dei contratti la facciamo noi, quella del campo la fa l’allenatore”. Con una dimostrazi­one di grande personalit­à, Pioli non si è lasciato condiziona­re dai tanti inviti a escludere il giocatore, accusato di essere distratto per il rinnovo del contratto, e dalla panchina ha vinto anche questa sfida. Kessie, preferito a sorpresa a Ismael Bennacer. L’ivoriano è apparso in crescita e così sarà un uomo in più, non in meno, nella corsa verso lo scudetto: l’obiettivo non più segreto di Pioli, che pensa soltanto al presente del Milan e non al suo futuro. Perché per uno come lui il contratto non è mai stato, e non sarà mai, un problema.

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Punto di forza Franck Kessie, 24 anni, ivoriano, è tornato uno degli uomini-chiave nel centrocamp­o del Milan dopo un periodo di difficoltà
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