La Gazzetta dello Sport

«L’Italia ci somiglia Secondo il mio stile è tra le migliori»

Il c.t. spagnolo: «Alle critiche io non faccio caso. Sono ambizioso...»

- di Filippo Maria Ricci

Elogiato in Italia, criticato in Spagna. Sferzante con gli spagnoli, amabile con tutto ciò che si tinge di Azzurro. Benvenuti nel peculiare mondo di Luis Enrique, con pareti di carta vetrata, necessità di coltivare conflitti e nessun bisogno di compiacenz­a. Lucho torna in un Paese che ama, per affrontare una nazionale che definisce «La migliore d’Europa e del mondo».

La frustata

A Roma gli andò male, ma quando decise di andarsene dopo una stagione piena di turbolenze in curva lo salutarono così: «Un uomo vero in un mondo di falsi. Adelante Luis». E Luis è andato avanti. Il triplete col Barça, per esempio. E ora la Spagna: «Nelle ultime due competizio­ni che abbiamo disputato, Europei e Nations League, siamo arrivati tra le prime quattro. Ora vogliamo arrivare tra le prime due, e poi alla vittoria. Bisogna essere ambiziosi». Lui ci crede, l’ambiente che lo circonda, parliamo di stampa e tifosi, molto meno. Lucho fa spallucce: «Non so se questa lista di convocati ha suscitato più polemiche di altre perché io non leggo e non ascolto nulla. Perché? Perché so di calcio molto più di voi, e non c’è nulla di vostro che possa leggere o ascoltare che mi risulti interessan­te». Distribuzi­one di caramelle in sala stampa, parole dolci in regalo.

Le scelte

Del resto dopo la sconfitta con l’Italia nella semifinale dell’Europeo di tre mesi fa la prestazion­e della Spagna è stata apprezzata più in Italia che qui. Chiaro, da vincitori è più semplice, però è innegabile che il rapporto di Luis Enrique con i media locali sia sempre teso. E il c.t. non fa nulla per abbassare la temperatur­a. Al momento di confeziona­re questa lista condiziona­ta da tante assenze, Morata, Moreno, Olmo, Soler, Gayá, Alba, Marcos Llorente, Pedri, Méndez, Thiago, Carvajal, Luis Enrique ha confermato il criticatis­simo Eric Garcia, ha chiamato Gavi, che è nato nel

«L’Italia è una delle squadre che gioca meglio, per noi questo è uno stimolo in più»

l’agosto del 2004 e che potrebbe diventare il deb più giovane nella storia della Roja, e poi Sergi Roberto, in grandi difficoltà. E nessun centravant­i, tema del quale parliamo a parte. In mezzo potevano starci gli italiani Fabian Ruiz, Brahim Diaz o Luis Alberto. O Ander Herrera del Psg, o il sivigliano Suso.

Grandi elogi

Luis Enrique se ne frega, e tira fuori il violino per Mancini e per l’Italia: «È un piacere immenso tornare in un Paese che ho sempre amato, ancor di più dopo l’anno vissuto a Roma. Mi piace l’allegria, il buonumore, il modo di vivere, il sole, il caffè, il gelato, la lingua e la nazionale. Penso sia la squadra che più ci assomiglia, o noi assomiglia­mo a loro: ci piace cercare di essere padroni della partita, tener palla. Avete vinto con merito gli Europei e ora lottate per allungare la striscia di 37 partite senza perdere. Non si resta tanto tempo senza perdere per caso, significa che fai bene tante cose. L’Italia è una delle squadre che meglio gioca a calcio secondo quello che è il mio stile, per noi provare a vincere è uno stimolo in più».

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