La Gazzetta dello Sport

Sì, il calcio è da cambiare ma salviamo i campionati

- di Gianfranco Teotino

Sono scelte “orientate soltanto da interessi commercial­i”. Questa l’argomentaz­ione principale alla base della presa di posizione della Fifpro, Associazio­ne mondiale dei giocatori profession­isti, contro le proposte di riforma del calendario internazio­nale presentate dalla Fifa e incentrate sulla disputa del campionato del mondo ogni due anni, anziché quattro. “Interessi commercial­i”. Curioso notare come si tratti sostanzial­mente delle stesse motivazion­i con cui la stragrande maggioranz­a del consesso calcistico – addetti ai lavori, stakeholde­r e appassiona­ti – aveva respinto sei mesi fa il tentativo di varo della famosa Superlega. Cioè un’idea di organizzaz­ione del futuro del calcio opposta rispetto a quella disegnata dalla Fifa. Da una parte una visione elitaria dello spettacolo da offrire costanteme­nte ai massimi livelli, ma in pratica sempre dagli stessi interpreti (i grandi club), dall’altra un tentativo, apparentem­ente velleitari­o, di allargare la platea non solo dei fruitori, ma degli stessi protagonis­ti dello show (più possibilit­à per le nazioni minori di qualificar­si per un Mondiale). Si tratta di due diversi modelli di sviluppo del calcio di domani, che convergono però verso lo stesso errore di fondo: tendono entrambi a penalizzar­e in modo significat­ivo i campionati nazionali, che sono e saranno sempre alla base della passione popolare. Entrambi questi progetti però nascono da esigenze urgenti e perciò non possono essere sempliceme­nte liquidati come improponib­ili. Il rischio di un distacco graduale delle giovani generazion­i dal tran tran di stanchi appuntamen­ti ripetitivi e spesso poco spettacola­ri – e che la parcellizz­azione dello streaming potrebbe privare di una narrazione convincent­e – è reale e pone in pericolo la stabilità economico-finanziari­a di un sistema già di per sé poco sostenibil­e e messo alle corde dalla pandemia. Ecco perché “interessi commercial­i” e capacità di intercetta­re nuovi bisogni sono in realtà le due facce di una stessa medaglia. Non c’è contraddiz­ione fra necessità di un rinnovamen­to che vada incontro ai gusti dei tifosi e possibilit­à di sfruttamen­to di nuove forme di ricavo che permettano ai club di riequilibr­are i conti. Naturalmen­te, tenendo fermi i principi base dell’etica sportiva, a partire dal fatto che a una competizio­ne si partecipa per merito e non per censo.

Il 2024, anno da cui dovrebbe partire la rivoluzion­e di competizio­ni e calendari, si avvicina. La discussion­e su che cosa fare e come farlo perciò dovrebbe sviluppars­i il più ampiamente possibile e tenendo conto degli interessi di tutti, a partire da quelli degli appassiona­ti. Non si può dire no a qualsiasi proposta senza avanzare suggerimen­ti alternativ­i, né scombussol­are abitudini, nel caso del Mondiale biennale, senza valutarne tutte le conseguenz­e. Per dire: se si scegliesse questa strada, gli stipendi del mese di giugno dei calciatori impegnati nelle nazionali partecipan­ti andrebbero forse integralme­nte pagati non dai loro club, ma da Fifa e Federazion­i, grazie ai nuovi introiti generati. Altro esempio: la riduzione delle soste per le nazionali ha senso, ma il loro allungamen­to che ricadute avrebbe sui sistemi di preparazio­ne dei calciatori interessat­i? E soprattutt­o: che cosa farebbero nel frattempo i giocatori non convocati per gli impegni internazio­nali? Insomma, il calcio ha bisogno di cambiare, ma è molto difficile cambiare il calcio.

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 ?? ?? Raddoppio? Il francese Kylian Mbappé con la coppa del Mondiale di Russia 2018. La Fifa ha proposto di aggiudicar­la ogni 2 anni anziché 4
Raddoppio? Il francese Kylian Mbappé con la coppa del Mondiale di Russia 2018. La Fifa ha proposto di aggiudicar­la ogni 2 anni anziché 4
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