L’IBRIDO DEL 2026 SARÀ PIÙ SEMPLICE LA MERCEDES PERDE LA SUA ARMA IN PIÙ
Le power unit con cui il team anglo-tedesco ha vinto 7 titoli saranno abolite La Fia punta a ridurre i costi e ad attirare altri costruttori: in pole ci sono Porsche e Audi
Nelle cento vittorie ottenute da Lewis Hamilton c’è una costante: il cuore. Quello che il pilota britannico ha gettato in pista e quello delle monoposto che ha guidato, tutte spinte da un motore Mercedes. La stella a tre punte ha segnato la sua carriera fin dagli inizi sui kart, quando il top manager Domingos Piedade e l’ex iridato Keke Rosberg crearono un team in cui correvano Lewis e il figlio d’arte Nico, per poi proseguire negli anni della McLaren-Mercedes e dopo il passaggio nel team di Toto Wolff, propiziato dal grande consigliere Niki Lauda. Sono passate quindici stagioni in F.1 e il binomio non si è mai sciolto: Hamilton ha vinto il primo titolo con Woking nel 2007 e altri sei con la Mercedes, che ha dominato l’era dei motori ibridi a partire dal 2014.
Dominio tecnico
Quest’anno il campionato è più incerto, con un Max Verstappen e una Red Bull-Honda da Mondiale, eppure in testa alla classifica per ora ci sono sempre il fuoriclasse simbolo della lotta al razzismo e la sua Freccia Nera. Le ragioni della supremazia sono legate in gran parte al vantaggio tecnologico che i tedeschi hanno avuto da quando esistono le attuali power unit, basate sul concetto del motore termico V6 turbo affiancato da due motogeneratori elettrici, uno che recupera energia dal turbocompressore (Mgu-H) e l’altro che riutilizza l’energia cinetica sviluppata durante le frenate (Mgu-K). Un’architettura molto complessa e a tutt’oggi difficile da comprendere per il pubblico. Ma soprattutto costosissima, al punto da avere dissuaso tanti grandi costruttori a farsi avanti per entrare in F.1 durante le scorse stagioni. La Mercedes è partita in anticipo su tutti, all’alba della rivoluzione che cancellò i vecchi V8 aspirati, rumorosi e amatissimi dagli appassionati, per abbracciare una filosofia più ecologica. Le voci di allora, che favoleggiavano di una Mercedes con 100 cavalli di vantaggio sulla concorrenza, si rivelarono in gran parte fondate. Tanto che Ferrari, Renault e Honda hanno impiegato anni per recuperare, senza mai riuscire a colmare del tutto il divario. Hamilton a volte ha vinto senza partire, a inizio stagione, con la migliore macchina.
Svolta in vista
Quest’anno c’è più equilibrio fra Mercedes e Honda, ma la power unit di Brixworth resta il punto di riferimento in F.1, basta vedere che cosa riesce a fare la McLaren sui rettilinei da quando è passata con Mercedes. Ma all’orizzonte si profila uno scenario che rischia di mettere in pericolo le certezze di Wolff e del suo dream team. In queste settimane, fervono le discussioni sui motori di nuova generazione che saranno omologati nel 2026, quando bisognerà sostituire le power unit attuali, che resteranno “congelate”
nello sviluppo a partire dal 2022. Inizialmente si era pensato di anticipare la svolta al 2025, perché un triennio di stabilità era ritenuto sufficiente a contenere i costi, ma i grandi costruttori dell’industria dell’auto non hanno ancora trovato una posizione comune e questo lascia pensare che servirà ancora del tempo per scrivere il nuovo regolamento, con un inevitabile slittamento al 2026. L’ultimo incontro c’è stato a Monza: il presidente federale Jean Todt ha riunito intorno a un tavolo John Elkann, Ola Kallenius, Luca De Meo e i vertici di Audi e Porsche, due marchi della galassia Volkswagen interessati all’ingresso in F.1. Ha partecipato anche la Red Bull, che dal 2022 prenderà in gestione i motori Honda ribattezzandoli con un altro nome, e la stessa Honda, che a fine stagione si ritirerà ma in futuro magari potrebbe ripensarci. La linea che sembra passata prevede l’abolizione dell’architettura attuale delle power unit e una notevole semplificazione, privando di fatto la Mercedes del punto di forza sul quale ha costruito i suoi successi, cosa sulla quale Wolff era contrario. Nulla è ancora deciso, ma l’indirizzo sembra chiaro.
Costi ridotti
I motori del futuro non avranno più il motogeneratore elettrico Mgu-H, considerato dispendioso e di difficile applicabilità sulle vetture di serie, mentre sarà potenziato il Kers, con un maggiore recupero di energia cinetica (scartata, a quanto pare, l’ipotesi dei due motori elettrici su entrambi gli assi per problemi di peso eccessivo). In questo modo si punta a ridurre i costi del 50% rispetto ad ora: per dare un ordine di grandezza, la Honda avrebbe speso circa 2 miliardi di dollari dal 2015 a oggi. Il cambiamento si rende necessario anche per invogliare l’entrata di Audi o Porsche, magari in contemporanea, poiché si ripartirebbe quasi da zero nella progettazione delle unità, annullando il vantaggio tecnologico dei costruttori già impegnati nei GP.
Eco-carburanti
Ma c’è un altro elemento che potrebbe favorire questo sbarco. Dal 2022 i team saranno obbligati a utilizzare carburanti ecologici, da sviluppare assieme ai propri partner dell’industria petrolifera: l’obiettivo della Federazione internazionale è arrivare in pochi anni a correre con benzine sempre più “pulite”, ottenute da processi chimici o dal riciclaggio dei rifiuti biologici, affinché il sistema della F.1 raggiunga l’impatto ambientale zero entro il 2030. Una prospettiva che sembrerebbe interessare molto al gruppo Volkswagen, in particolare alla Porsche, intenzionata a rivolgersi agli eco-carburanti per le supercar di domani come alternativa all’elettrico puro. D’altra parte c’era già un piano per l’ingresso di Audi in F.1, quando Stefano Domenicali fu chiamato a Ingolstadt, ma poi il Dieselgate fermò tutto. Chissà che i tempi non siano maturi adesso.