La Gazzetta dello Sport

Negli stadi riaperti torna il razzismo Serve una rivoluzion­e culturale

- di Alessandro Vocalelli

Il rischio, davvero, è di tornare esattament­e indietro di trent’anni. Già, perché trent’anni fa in Italia ci fu, per la prima volta, un’interrogaz­ione parlamenta­re su un tema preciso: il razzismo nel calcio. Ma anche perché sedici anni fa, era il 2005 - con un coraggio pari all’esasperazi­one che stava provando - il terzino Zoro si fermò, prese il pallone, lo consegnò all’arbitro e si diresse verso lo spogliatoi­o. Non ne poteva più di “buu” e ululati: per lui lo spettacolo finiva lì. Ci misero almeno un quarto d’ora a convincerl­o e lui - con quel senso di sportività che era venuto meno dagli spalti - accettò di tornare a giocare. «Mi dispiaceva per i colleghi e per tutti gli altri tifosi in tribuna». Una lezione in tredici parole. Poi ne sono successe tante altre, da Kessie a Lukaku, da Balotelli… a una storia che è ricomincia­ta, con gli stadi - finalmente e

giustament­e - riaperti. Già, perché rimpianger­e gli impianti chiusi solo per non darla vinta a quelli che hanno fatto infuriare Koulibaly e qualche giorno fa Maignan, vorrebbe dire (davvero) arrendersi all’imbecillit­à. No, gli stadi aperti sono il segno della vita che ricomincia, di tutti quelli che amano lo sport e il calcio, ma non è nemmeno più tollerabil­e che si riparta esattament­e come trent’anni fa. Ci eravamo convinti, o almeno ci eravamo detti, che il Covid, la pandemia, forse ci avrebbe resi migliori. Così non è, almeno a giudicare da ciò di cui stiamo discutendo in queste ore, che ha costretto la Fiorentina (compliment­i) a prendere subito le distanze e a mettere a disposizio­ne i filmati; ha costretto il Sindaco Nardella (compliment­i) a scusarsi anche a nome di una città fantastica; ha costretto Chiellini (compliment­i) a lasciare sullo sfondo la partita contro la Spagna per pronunciar­e parole chiare e decise su questi nuovi atti di razzismo: «Sì, mi sono vergognato». Quattro parole, stavolta, per testimonia­re - da capitano della Nazionale un’offesa che non ha ferito soltanto Koulibaly, ma ha bruciato sulla pelle di tutti. Di chi ha ascoltato le parole del campione napoletano e sta adesso qui a chiedersi cosa bisogna fare. Già, perché qualcosa - davvero - bisogna fare. Perché l’Italia si è ripresa, a livello sportivo, tutto ciò che merita, con una Nazionale amata dagli italiani e apprezzata anche dai tifosi stranieri. Ricordate? A parte quelli che giocavano contro di noi, tutti gli altri erano lì a manifestar­ci stima e simpatia, con Luis Enrique in prima fila. «Sì, certo, tiferò per l’Italia».

Solo che, adesso, c’è una partita ancora più complicata da giocare, che riguarda l’immagine del nostro calcio, il contenuto delle nostre domeniche, un salto culturale che coinvolge le istituzion­i, la stragrande maggioranz­a di tifosi - come Chiellini - che provano infinita vergogna.

Già, perché il problema è alle radici, come ha dimostrato il paradosso che si è consumato la settimana scorsa in Europa League e che rappresent­a davvero un confine. Glen Kamara dei Glasgow Rangers è stato pesantemen­te insultato con ululati razzisti - nello stadio dello Sparta Praga che, proprio per lo stesso motivo, era stato squalifica­to e chiuso al pubblico adulto. Solo che per riempirlo e dare un segnale di speranza erano stati per l’occasione invitati diecimila bambini. E da lì, da quel settore, sono partiti i “buu” verso il giocatore avversario.

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Siamo ancora qui Aprile 2005: in Messina-Inter, Zoro, difensore ivoriano dei siciliani, prende il pallone e si avvia fuori dal campo per protesta contro i “buu”. Gli interisti (da sin. Martins e Adriano) lo convincono a restare
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