Emozione Goggia «Il tricolore, responsabilità e grande onore»
Sofia e il “grazie” rivolto a Mattarella: «Mi ha rincuorato dopo l’infortunio»
Quando al Quirinale ieri mattina hanno fatto il suo nome, ha respirato forte, si è alzata in piedi e con lo sguardo pieno di emozione e di orgoglio è andata a prendere dalle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella il tricolore. Anzi Tricolore, perché si scrive con la maiuscola quando intendiamo la nostra bandiera e «tutto quello che porta con sé». Ha detto proprio così Sofia Goggia, l’alfiere azzurro nella cerimonia di apertura dei Giochi invernali di Pechino in programma dal 4 al 20 febbraio. Ha scelto di fare il suo discorso a braccio, «guardando nel mio cuore, senza preparare niente», e anche quest’impresa, per lei forse meno semplice delle sette vittorie in Coppa del mondo, le è riuscita alla perfezione.
Speranze Quella di ieri è stata l’ultima cerimonia di Mattarella, ormai a fine mandato. Non sarà a lui che gli azzurri riconsegneranno la bandiera dopo l’Olimpiade e questo ha aggiunto all’evento una buona dose di malinconia. Anche Sofia aveva gli occhi lucidi durante il suo discorso improvvisato che ruotava intorno alle parole «onore» e «responsabilità» per essere stata scelta come portabandiera: «Mi piace pensare che questo ruolo nasca anche dalla chiamata che lei Presidente mi fece dopo l’infortunio che mi bloccò prima dei Mondiali di Cortina. Mi esortò ad andare oltre, verso traguardi lontani, verso Pechino 2022, a non pensare agli ostacoli sul mio percorso e io credo di aver fatto così. Essere la portabandiera non significa solo sventolare il Tricolore, ma essere garante dei valori etici che porta con sé. Le prometto che lo faremo tutti». Vicino a lei c’era Giacomo Bertagnolli, quattro medaglie ai Giochi coreani, alfiere delle Paralimpiadi (4-13 marzo) e anche lui come la Goggia atleta delle Fiamme Gialle: «Questa bandiera rappresenta l’intero movimento paralimpico. Daremo tutto per ottenere risultati soprattutto per poter raccontare le nostre storie, storie di vita e di difficoltà che a molti ancora sfuggono».
Cliché Mattarella li guardava e sorrideva. Probabilmente era lui il più tranquillo di tutti, intenerito dalla voce tremante del presidente del Coni Malagò e dalle parole gonfie di gratitudine del numero uno del Cip Pancalli e del Sottosegretario Vezzali: «L’anno d’oro dello sport è stata una risposta di speranza e ottimismo per tutto il Paese - ha detto il Presidente
della Repubblica -. Questi successi hanno smentito un cliché diffuso e infondato, che parla di un popolo italiano indisciplinato, confondendo con questo l’attitudine alla creatività, all’inventiva che probabilmente ci hanno aiutato nell’emergenza pandemica. Siete andati oltre i limiti e lo farete ancora». La Goggia già lo sta facendo: «Sono abituata a vivere nel presente, curva dopo curva, prima darò tutto in Coppa del mondo, poi penserò a Pechino». Qualcosa che la preoccupa però c’è: «Il pensiero di risultare positivi mi assilla. Spero solo che gli italiani trovino ancora la forza per resistere al virus». Infine una promessa: «Vedrete la migliore Sofia». Quella che parla col cuore.