Allegri e Pioli, ne servono due per tentare una risalita
Inzaghi è andato più forte di Conte nel girone d’andata (46 punti contro 41). Ma ha preso un’Inter reduce da un girone di ritorno straordinario: 50 punti con i quali aveva superato il Milan e vinto lo scudetto. Nessuna pretesa di confronto tra i due tecnici, nessuna sfida a chi è il più bravo. Soltanto cifre che raccontano una verità inequivocabile: da un anno, da quando la lezione “contiana” è entrata nel Dna, l’Inter è di un’altra categoria rispetto a qualsiasi avversario italiano (in Europa è tutta un’altra storia). Nell’ultimo “campionato” ha conquistato in realtà 96 punti, un ritmo insostenibile per gli inseguitori.
Conte ha costruito fondamenta di cemento armato, Inzaghi sta sublimando il compito del successore ideale: abbellire l’impianto senza sacrificare la solidità all’estetica. Il miglior Calhanoglu è superiore al miglior Eriksen e fa giocare bene Brozovic, componendo un doppio play di manciniana memoria. Dzeko s’è rivelato utile al progetto manovrato dell’ex tecnico laziale, mentre Lukaku, un Immobile naturalmente all’ennesima potenza, avrebbe catalizzato il
gioco, dato profondità e segnato di più, ma forse offerto meno soluzioni. Il problema dell’Inter è che è difficile migliorare la squadra titolare, visto l’insospettabile rendimento degli esterni. Ma la panchina, fondamentale
quando le energie andranno verso l’esaurimento, è ancora perfettibile e Marotta ci sta lavorando. Quindi per Milan, Napoli, Atalanta, Juve e Roma sarà più dura recuperare, perché hanno tutte l’urgenza di inserire pedine fondamentali nel telaio base, ma scarsa disponibilità per investimenti da grande salto. Pioli, per esempio, ha pagato caro il ko di Kjaer in difesa, il rendimento altalenante di Kessie, gli infortuni di Ibra, Rebic e Leao. E non è finita, con la Coppa d’Africa che incombe. Servirebbero almeno due colpi: uno alla Tomori (Botman?) e un mediano a tutto campo da affiancare a Tonali (Adli?). Senza nascondersi che l’ultimo Diaz insinua perplessità sulla maglia del trequartista dopo il pesante addio di Calhanoglu.
Ancora più difficile per Allegri far quadrare l’urgenza dei conti tecnico-tattici con l’emergenza di quelli economici. Senza un centrale di regia (Zakaria?) e un centravanti da gol difficilmente la Juve uscirà dall’equivoco di stagione: solo quantità, poca qualità e ancora meno concretezza sotto porta. Non sarà una soluzione di scorta alla Depay a cambiare un reparto a cui serve un big (Vlahovic) o un usato sicuro (Cavani), aspettando di capire cos’è diventato realmente Icardi. Niente soldi anche per il Napoli che spera di recuperare il prima possibile i gol di Osimhen e si accontenterebbe di un altro esterno sinistro. Con Boga, invece, l’Atalanta sembra aver chiuso il suo mercato, aumentando così il potenziale di fantasia offensiva: ma forse per Gasp il miglior acquisto sarebbe l’equilibrio che impedisca cadute spezza-ritmo sul più bello. Intanto Mou cerca disperatamente un esterno (Maitland-Niles il prescelto) e soprattutto un play indispensabile per la mediana a tre: il Grillitsch visto all’Europeo nell’Austria è un’ottima soluzione di garanzia, che sarebbe utile anche a colleghi come Allegri, lavorando in prospettiva Kamara sembra ancora più promettente. Ma immaginare che da questo mini-girotondo scaturisca l’anti-Inter non è per niente scontato.