Barreda e i grandi vecchi Il mito Dakar non ha età
Lo spagnolo, ieri primo, punta al successo a 38 anni Picco, stregato dal deserto, è ancora in sella a 66
Uno come lui, con quel talento e quella velocità esplosiva, avrebbe già dovuto portarsi a casa il busto in bronzo e granito di 9 chili per 38 cm di altezza realizzato da Danielle Souanin e riservato al vincitore della Dakar. O, perlomeno, quello che spetta a chi sale sul podio. Invece Joan Barreda in 11 Dakar non è mai andato oltre un 5° posto nel 2017, ma tra occasioni gettate per irruenza, poca lucidità e guasti meccanici, il bottino del pilota di Torreblanca, Comunità Valenciana, avrebbe potuto e dovuto essere molto più ricco. Come nel 2013, 2014 e 2015, quando una Honda ancora acerba e qualche caduta di troppo lo hanno tolto dalla mischia. «In quegli anni ero fortissimo, ma la moto si rompeva spesso, non come adesso — racconta Joan —. È stata dura, si diceva che non finivo solo perché ero Barreda, ma andare veloce è sempre stato il mio stile». O come nel 2018, out per guai a un problema al ginocchio e al polso destro mentre era 2°. O nel 2019, giù da un dirupo mentre era in testa, mentre nel 2020 a rallentarlo fu una frattura alle costole prima della Dakar. Eppure, fatta eccezione per l’esordio del 2011, fuori alla seconda tappa, ogni anno Barreda ha sempre vinto almeno una speciale. Questa volta gli è bastato attendere la seconda giornata: con la 28a speciale vinta, Joan ha superato Jordi Arcarons diventando il terzo assoluto dei plurivincitori in moto della Dakar. Davanti, a quota 33, lontani ma non lontanissimi, ci sono sua Maestà Stephane Peterhansel e Cyril Desprès. «Il record di vittorie? È un obiettivo» ammette “Bang Bang”, con quella faccia da ragazzo che nasconde i 38 anni che ne fanno uno dei “grandi vecchi” della Dakar.
Passione Non tanti come i 66 (lo dice anche il numero di gara) di Franco Picco, che la prima sabbia della Dakar la assaggiò nel lontanissimo 1985 (2° con la Yamaha, e poi due volte 3° nel 1988 e 1989). La Fantic gli ha assegnato l’onere e l’onore di far debuttare la XEF 450 Rally. Dopo 15 presenze in moto, auto e quad — più 9 come assistenza — il vicentino è ancora qui (79° nella generale) prigioniero di una passione che non ha età. «Da quando son arrivà continuano a farme interviste, anca del Canada» diceva Picco al telefono parlando con la moglie. Magari barcolla, ma non molla. «Lo scorso anno mi son portato dietro a lungo la fatica di correre in Malle moto (senza assistenza; n.d.r.) quest’anno spero vada meglio».
Gli highlander Peterhansel ha disputato 32 Dakar vincendone 14 fra moto e auto. Sainz va avanti a 59 anni
In lotta Lo spera anche Barreda, che ieri ha preceduto di 5’33” il neo leader Sam Sunderland (Gas Gas) e in classifica è ora 10° a 20’25” dall’inglese. «Mi sono allenato tanto nel deserto. Fisicamente sto bene, ho corso due anni con il polso messo male, ho fatto quattro operazioni, psicologicamente era dura, ero anche pronto a fermarmi. Poi nel 2019, dopo l’ultimo intervento, sono tornato a girare in cross con gli amici e mi sono sentito bene. Vincere la Dakar? La cosa importante è divertirsi, la vita che faccio mi piace, sono felice. Se ci riesco bene, sennò va bene lo stesso». Guardate Carlos Sainz e lo stesso Peterhansel, ieri 3° e 4° con le Audi elettriche alle spalle di altre due vecchie volpi come Sebastien Loeb e Nasser Al Attiyah: la Dakar è (anche) un paese per vecchi.