La Gazzetta dello Sport

RICORDO «Mai amici, ero avvelenato. Ma alla fine lo abbracciai»

Giuseppe Gentile*

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di

Io e Viktor non siamo stati amici, né potevamo esserlo a quei tempi. Poi ci divideva la lingua: io parlavo inglese, lui solo russo, funzionava­no i gesti... L’avevo conosciuto in primavera, sempre nel ’68, quando ci eravamo trovati a Formia. Io in raduno, i sovietici in Italia ad allenarsi per il clima migliore. Disputammo anche una gara: pari misura, qualcosa come 16,40 o giù di lì, ma vinsi io per il secondo miglior salto. Con Saneyev non ci guardavamo con affetto, anzi c’era una certa tensione.

A Città del Messico, altra storia. Temevo di più il brasiliano Prudencio, anche se sapevo che Viktor era uno regolare che tra l’altro aveva questa capacità di migliorare sempre nei salti finali. Il record mondiale mi aveva galvanizza­to, e lui mi guardava con un’aria come a dirmi che non era finita, e difatti mi superò di un centimetro alla terza prova. Per la prima volta lo vidi cambiare espression­e e atteggiame­nto, riusciva anche a sorridere! Ero convinto di poterlo battere e al quinto tentativo ci stavo pure riuscendo, ma sono andato fuori equilibrio e non ho chiuso, era un salto lunghissim­o. Poi lui si è migliorato ancora con 17.39, e le speranze sono finite. Sul podio era tornato quello di sempre: composto, freddo, senza un sorriso. Io ero troppo avvelenato, una stretta di mano convenzion­ale e fine della storia. Ci siamo sciolti però dopo la premiazion­e, scesi dal podio. Abbiamo incrociato gli sguardi per un momento, e poi ci siamo abbracciat­i.

*bronzo nel salto triplo all’Olimpiade 1968

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Sul podio a cinque cerchi Gentile (a destra), bronzo, con Saneyev

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