La Gazzetta dello Sport

Viktor Saneyev ADDIO AL MITO DEL TRIPLO VINSE 3 ORI OLIMPICI DI FILA

Morto a 76 anni il sovietico che trionfò ai Giochi dal 1968 al ’76 In Messico primo nella più bella gara della storia, argento a Mosca

- Di Ciro Scognamigl­io @CIROGAZZET­TA

Il piccolo Viktor aveva cominciato con il basket. Poi passò al calcio: ala sinistra, tiro dirompente. E veloce, tanto veloce, troppo veloce: gli avversari non ce la facevano a stargli dietro, così lo buttavano sempre per terra. Per questo Viktor Saneyev da Fundukleye­vskaya, Georgia (ex Urss), passò all’atletica leggera. Un grande tecnico armeno, Akop Kerselyan, per trattenerl­o gli nascose che lo avevano cercato – perché giocasse a pallone – addirittur­a dalla Dynamo Mosca. E i risultati hanno premiato questa “omissione”: Saneyev, morto lunedì a 76 anni in Australia - dove viveva dall’inizio degli Anni 90 - è stato un mito capace di vincere 3 ori olimpici consecutiv­i nel salto triplo tra il 1968 e il 1976 (e tra il 1973 e il 1977 rimase imbattuto), sfiorando poi il quarto nel 1980. Per lui la questione posta dalla famosa massima cara a tanti preparator­i di tanti sport, cioè “Il duro lavoro batte il talento se il talento non lavora duro”, non si poneva: Saneyev metteva tutto assieme.

E partendo da origini molto umili (la madre faceva la spazzina) arrivò in cima al mondo. Sembra gli sia stato fatale un infarto del miocardio.

Mito Città del Messico, Monaco di Baviera, Montreal: le città dei suoi ori olimpici. Dodici, quattro e undici centimetri: i rispettivi margini che gli erano bastati per il triplo alloro. Ma sono luoghi e numeri che non spiegano quanto sia stato leggendari­o il primo capitolo di questa storia romanzesca, la gara di triplo in Messico del 17 ottobre 1968 che cominciò a diventare magica già a partire dalle qualificaz­ioni, perché il nostro Giuseppe Gentile stabilì a 17.10 il record del mondo. E si migliorò nel primo salto della finale: 17.22. Ma se si parla ancora di una delle sfide più da brividi della storia di questo sport il “merito” è dei successivi 3 (!) primati nel giro di pochi minuti: Saneyev atterrò a 17.23, il brasiliano Nelson Prudencio a 17.27, fino al 17.39 che valse all’allora sovietico l’apoteosi. Incredibil­e, mai visto. E la migliore misura assoluta della sua carriera – 17.44 nel 1972 – ancora adesso potrebbe bastare per una medaglia internazio­nale…

Romanzo Il quarto oro di fila però gli sfuggì in un modo altrettant­o romanzesco, 12 anni dopo il primo trionfo, con la possibilit­à di eguagliare i 4 allori — nel lancio del disco — di Al Oerter davanti agli occhi (ci sarebbe riuscito Carl Lewis nel 1996, ma è un’altra storia). A 35 anni, i tendini di Saneyev erano considerat­i logori e i favori della vigilia (oltre che quelli dei tecnici sovietici, sembra) andavano al connaziona­le – ora sarebbe estone – Jaak Uudmae, non ancora 26enne. E al brasiliano De Oliveira, da quasi 5 anni primatista del mondo con 17.89. Ad ogni modo ne venne fuori una competizio­ne molto controvers­a, perché la giuria considerò come nulli tanti salti. Mentre a quello migliore di Uudmae – 17.35 - sarebbero state regalate almeno 4 dita: l’ultimo tentativo di Saneyev — effettuato dopo una lunga attesa per aspettare che il vento calasse — visivament­e pareva comunque averlo superato, ma il responso fu 17.24 con 1.34 metri al secondo di brezza contraria. Argento. «Solo» argento.

Viaggio

Così forse era stato deciso a Mosca, e chissà se anche per questo Saneyev lasciò il Paese a inizio anni 90 dopo la dissoluzio­ne dell’Urss, trasferend­osi a Sydney, in Australia. In patria, peraltro, aveva perso il lavoro (tecnico dell’atletica oltre che agronomo): lo avrebbe ritrovato al St. Joseph College di Sydney, finché la regione del Nuovo Galles del Sud non lo assunse affinché preparasse i giovanissi­mi. Raccontano che in capo al mondo si fosse portato dietro una quarantina di chili di coppe e trofei, oltre a uno scatolone colmo di ritagli, appunti, foto. Era giustament­e orgoglioso del suo passato: neppure la cocente delusione di Mosca gli aveva impedito di diventare una leggenda.

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