Mancini e l’Italia da rifare Il giro delle scelte in 80 giorni
Rifare l’Italia in 80 giorni. Destinazione Qatar. Con la ripresa del campionato, Mancini avrà meno di tre mesi per capire con chi e come riagguantare la qualificazione mondiale sfuggita in autunno. Senza possibilità di sperimentare prima e senza margine di errore.
Saranno le partite delle prossime undici settimane ad aiutarlo a risolvere il rebus: riaffidarsi agli eroi di Wembley oppure cambiare qualcosa, o più di qualcosa, puntando sui giocatori che a fine marzo saranno più in forma?
Un dilemma tutt’altro che scontato. Vero è che vincere insegna a vincere e non può essere un playoff a spaventare un gruppo così solido da avere conquistato un titolo europeo. Ma altrettanto vero è che questo stesso gruppo ha dilapidato in cinque partite un vantaggio sulla Svizzera che sembrava incolmabile. Il bilancio azzurro in questa stagione è abbastanza deprimente: sette partite, due vittorie, quattro pareggi, una sconfitta. Non da squadra che dovrà affrontare senza paura probabilmente il Portogallo di CR7, ma anche di Cancelo, Ruben Dias, Bruno Fernandes, Bernardo Silva, Diogo Jota, e non solo. Se andiamo poi a esaminare la situazione dei protagonisti del trionfo della scorsa estate non c’è molto da stare allegri. A partire da Donnarumma: è una certezza, però ha giocato - prima dell’attuale positività al Covid meno della metà partite del Psg
(12 su 28), non il modo migliore per mantenersi al massimo. In difesa, rassicurano le condizioni di Di Lorenzo e Bonucci, al di là degli acciacchi stagionali, ma Chiellini da agosto è stato impiegato da titolare soltanto otto volte, fra guai muscolari e ora pure il contagio; e se Spinazzola non ha ancora ripreso ad allenarsi davvero, Emerson è rimasto coinvolto in un’annata da
dimenticare del Lione (13° in classifica in Ligue 1). Un po’ meglio va a centrocampo: Jorginho continua a dirigere l’orchestra Tuchel e anche dal dischetto nel Chelsea è infallibile, 9 rigori su 9 trasformati in stagione; Barella è sempre uno dei pilastri dell’Inter; Verratti quando gioca incanta, il problema resta la sua fragilità, da settembre già due infortuni importanti. Più
complessa la situazione in attacco: Chiesa nel girone d’andata ha segnato un unico gol e ha perso l’intero dicembre per una lesione seria; Immobile, almeno lui, in campionato fa il suo, cioè segna; di Insigne si sa, bisogna vedere quanto la discussa scelta di andare in Canada ne condizionerà il finale di stagione. Neppure i coprotagonisti dell’Europeo stanno molto bene. Acerbi è in infermeria, ma sta disputando un campionato poco brillante e deve pure subire l’inaccettabile ostracismo della Curva della Lazio; Florenzi trova qualche spazio solo in assenza di Calabria; Locatelli sta facendo meno bene nella Juventus che nel Sassuolo; Pessina è scivolato fra le seconde scelte di Gasperini; Belotti è desaparecido. Soltanto Berardi e Bernardeschi stanno giocando a livello Europeo. Che fare allora? Certo ci sono giovani, più o meno giovani, da Bastoni a Tonali a Frattesi, oltre alla certezza Pellegrini, che bussano alle porte azzurre:
ma Zaniolo (anche lui un solo gol) alterna prestazioni buone e meno buone e Scamacca, 23 anni compiuti, è sempre sul punto di esplodere, ma manca totalmente di esperienza internazionale.
Ecco perché le scelte di Mancini saranno stavolta più complicate del solito: in 90 minuti, anzi in 180, ci si giocherà tutto. Il Mondiale e il futuro del calcio italiano. Vietato sbagliare. Alle volte il calcio è ingiusto...