Abbagnale Carmine fa 60 Un Abbagnale sul podio a Parigi? Vincenzo ha tre anni per provarci
NEL MIO CUORE, UN ORO DA FAVOLA E QUELLA VOLTA IN VOLO OSPITI DI MARAD0NA»
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er anni è stato il motore della barca che ha fatto sognare l’Italia intera. Il fratello Giuseppe davanti a lui a fare l’andatura, Peppiniello Di Capua seduto alle sue spalle a urlare il ritmo dei colpi. In mezzo c’era lui, Carmine Abbagnale. La pantera silenziosa – così veniva chiamato dal professor La Mura, lo zio allenatore, che definiva invece Giuseppe il leone da ammansire – compie oggi 60 anni. «I dolori alla schiena mi ricordano ogni giorno che non sono più un ragazzino» ironizza Carmine, oggi impiegato alla Regione Campania.
3 Che bilancio dà della sua carriera remiera?
Il secondo della dinastia più vincente del remo italiano si racconta: «Due trionfi olimpici e 7 titoli mondiali, dura fare meglio»
Perso l’aereo per Napoli, Diego ci fece salire sul suo mezzo privato
Galeazzi era il nostro primo tifoso, ci metteva cuore e competenza
«Sono stati anni fantastici. Quando arrivi a quest’età ti giri indietro e pensi a che cosa avresti fatto con un briciolo di maturità in più. Beh, per il canottaggio non avrò questi rimpianti. Anche perché fare meglio di due ori olimpici e sette titoli mondiali non è facile».
3Il successo più bello?
«Nel mio cuore tutte le vittorie hanno un posto speciale, ma la giornata che abbiamo vissuto a Seul nel 1988 resterà per sempre nella storia. Eravamo tre fratelli partiti per i Giochi da Messigno, una frazione di Pompei. Già poter vivere insieme quella esperienza equivaleva a una vittoria. Mai avrei pensato di vivere la giornata da sogno, tre medaglie d’oro vinte a distanza di pochi minuti (prima il due senza di Giuseppe e Carmine e poi il quattro di coppia con il fratello Agostino, ndr)».
3Prima di voi ci furono i tedeschi dell’Est Landvoigt (oro nel
due senza a Montreal 1976 e Mosca 1980), ora ci sono i fratelli croati Sinkovic (oro nel doppio a Rio e nel due senza a Tokyo). Quali sono i vantaggi a condividere le fatiche del canottaggio in famiglia?
«A volte con Giuseppe non c’era bisogno di parlare. Ci capivamo con uno sguardo. E poi la competizione tra di noi era la nostra benzina in allenamento. Nessuno dei due voleva essere inferiore all’altro. Infine la fiducia. Due fratelli, vivendo quasi in simbiosi, hanno la certezza di come si è allenato il compagno durante tutto l’anno. In un altro tipo di
equipaggio questo non è sempre garantito».
3Ma ci sono stati anche problemi tra di voi?
«I litigi si verificano anche nelle migliori famiglie. Tutti i giorni, tutto l’anno insieme... In barca e a casa... Succedevano anche delle discussioni. Mai in prossimità delle gare».
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«C’era Peppiniello (il timoniere Di Capua, ndr). Si metteva in mezzo lui a calmare gli animi. È stata la nostra coscienza. In barca e fuori».
come si risolvevano?
3L’inizio non è stato facile… «Il primo scoglio che dovevano superare due ragazzi che da Pompei si affacciavano al mare era imparare a nuotare. È stata la prima sfida da vincere».
3La
storia dei fratelli d’oro del canottaggio italiano è stata anche lo spunto nel 1992 per la fiction tv “Una storia italiana” con Raul Bova e Giuliano Gemma: che effetto le ha fatto?
«Certamente mi ha colpito molto. Sono contento perché il canottaggio è approdato in prima serata sulle reti Rai e magari ha avvicinato un po’ di giovani alla
pratica di questo splendido sport».
3In quegli anni è stato però Gian Piero Galeazzi, con le sue telecronache, a portare il canottaggio nelle case degli italiani. Che rapporto aveva con lui? «Splendido. Era il nostro primo tifoso. Ci metteva cuore e competenza. Ci vedevamo sui campi di gara ed era sempre aggiornato. Il ricordo più bello che porterò della sua amicizia è Seul».
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«Allo sciopero Rai che rischiava di oscurare la nostra finale ai
che cosa si riferisce?
Giochi coreani. Quando all’ultimo rientrò, Gian Piero si precipitò al campo di gara per il commento. Un trionfo».
3Suo fratello Giuseppe è tifoso dell’Inter, lei del Napoli: entrambi amici di Maradona. «Ci siamo incontrati spesso con Diego. Addirittura una volta, dopo aver ritirato un premio a Milano, non avevamo il volo per fare ritorno a Napoli. C’era sciopero. Allora chiamammo Diego che subito ci aiutò: “Ragazzi che problema c’è. Vi ospito sul mio aereo privato”. E così tornammo a Napoli con Maradona».
3A Tokyo la Nazionale italiana è tornata ai fasti dell’Italia degli Abbagnale.
«Medaglie importanti con il doppio pesi leggeri e il quattro senza. E poi lo storico primo oro nel femminile. Peccato per lo sfortunatissimo quattro di coppia. Sono giovani e spero si possano rifare a Parigi».
3Nel 2024 potrebbe essere la volta buona per rivedere un Abbagnale a medaglia ai Giochi?
«Magari, me lo auguro per Vincenzo (il figlio del fratello maggiore Giuseppe, ndr). Negli scorsi anni è stato un po’ sfortunato, adesso si è ripreso e ha tre anni per giocarsi le sue chance. L’aggiornamento di una storia fantastica».
Iniziata da una famiglia dedita al lavoro nei campi, a coltivare gladioli. Papà Vincenzo e mamma come vivevano il vostro successo?
3 «Erano orgogliosi. Vivevano nei campi per crescere una famiglia di sei fratelli: oltre a noi tre maschi, c’erano anche Maria e le gemelle Annunziata e Rosamaria. L’unica pausa che si concedevano era per vedere le nostre regate». 4’10”