Djokovic ha perso la faccia nel suo pazzo giro del mondo
Ora che un cavillo burocratico ha messo fine alla farsa, ora che il re del tennis è stato messo a nudo e respinto dall’Australia, ora che persino gli ambasciatori sono stati scomodati, ora che la realtà ha superato di gran lunga la fantasia del cinema, con il milionario Nole Djokovic trattato peggio dell’umile Viktor Navorski (ricordate le disavventure di Tom Hanks nel film The Terminal di Steven Spielberg?), ora che tutto questo fa parte del (recente) passato, quel che resta sul pavimento sono i mille cocci di una figuraccia planetaria. E anche una domanda: cosa ha spinto il serbo a comportarsi come un prepotente di periferia, facendo spallucce e fregandosene di regole e norme sacrosante nel bel mezzo di una pandemia? Bisognerebbe essere Nole Djokovic per dare una risposta. Ma anche da molto lontano si possono scorgere le conseguenze di questo gesto. Con il suo volo a planare verso l’Australian Open, il numero uno del tennis è riuscito a inimicarsi (eufemismo) persino i suoi tifosi. E soprattutto ha azzerato il pieno di simpatia che aveva fatto lo scorso settembre con le lacrime versate sul centrale di New York, dopo la finale persa contro il russo Daniil Medvedev, mentre da sotto il naso, proprio all’ultima stazione, era sfilato via un treno chiamato Grande Slam. Che il serbo non fosse un fan dei vaccini lo si era capito da tempo. Fin da quando nel 2020 aveva “sfidato” il Covid: organizzando lo sciagurato Adria Tour tra Belgrado e Zara, infischiandosene di bolle e precauzioni. Azzardo finito malissimo con la finale del torneo annullata per l’esplosione dei contagi (compreso il suo). Il 2021 sembrava aver portato consiglio a Nole, molto più impegnato a lasciare il segno in campo che non fuori. Proprio in Australia era iniziata la sua cavalcata di vittorie. Dopo l’Us Open, Djokovic era sparito dai radar per quasi due mesi (qualcuno ha ipotizzato una nuova positività al virus), per rientrare da vincente a Parigi Bercy. La nuova sconfitta contro Alexander Zverev (suo carnefice in estate anche all’Olimpiade) in semifinale a Torino nell’Atp Final lo aveva restituito tra i “comuni mortali”. È durato poco: il serbo si è rimesso da solo tra gli Dei, pensando di aver diritto a sbarcare in Australia solo per via del suo status. Certo, ognuno è libero di pensare quello che vuole e quindi anche Nole può considerare i vaccini non indispensabili al suo fisico. Ma come tutti deve sottostare alle regole, come accade quando va in campo: se una pallina è fuori, è fuori. Stop. E non esiste un diritto alla privacy quando è in ballo l’interesse generale e si parla di un personaggio pubblico: se Djokovic aveva diritto a un’esenzione, avrebbe dovuto spiegarla in una conferenza stampa, proprio per evitare disguidi. E invece ha annunciato via social la sua partenza per l’Australia in barba al buon senso. Ovvio, per un (disastroso) matrimonio ci vogliono due partecipanti e Nole ha trovato sponda nelle debolezze di uno Stato (Victoria) e degli organizzatori dello slam che avevano tutto l’interesse (economico) a far giocare il numero uno del ranking. L’Australia, grazie a un cavillo, ha però messo una pezza alla propria immagine, mentre quella di Djokovic è finita triturata in questo pazzo giro del mondo, durato lo spazio di un giorno.