Djoko anch’io? No tu no C
he non avrebbe avuto vita facile era facilmente prevedibile, lo stesso Novak Djokovic sapeva che in Australia non sarebbe stato accolto a braccia aperte e tra squilli di tromba. Che fosse costretto a fare immediatamente le valigie e tornarsene a casa senza neanche uscire dall’aeroporto di Melbourne, dopo più di sette ore passate in isolamento in uno stanzino con le autorità locali, era difficilmente immaginabile. Ma alla fine il numero 1 del mondo deve farsene una ragione: il suo visto è stato rifiutato dal governo dello Stato di Victoria, dove si trova Melbourne, teatro degli Australian Open al via da lunedì 17. Il documento presentato ai controlli non è stato ritenuto adeguato a giustificare la sua esenzione medica dalla vaccinazione contro il Covid. Così Djokovic sarà costretto a tornare indietro, anche se sarebbe pronto a impugnare la decisione. Non è ancora chiaro dunque se Nole lascerà subito l’Australia o resterà lì, in attesa del “lavoro” dei suoi avvocati: in quest’ultimo caso sarebbe costretto ad andare in quarantena. Da capire ora chi fra gli organizzatori aveva dato il via libera «con un’esenzione» a Djokovic per partire.
Bloccato
Sette ore in aeroporto Poi il «vattene»
Il numero 1 del mondo e vincitore di 20 Slam è arrivato all’aeroporto di Tullamarine (Melbourne) alle 23.30 locali, le 13.30 italiane. E poco dopo aver messo piede a terra è stato subito preso in carico dalle autorità locali e portato in una stanza, sorvegliato dalla polizia. Ci è rimasto più di sette ore, senza riuscire a convincere i funzionari doganali a concedergli il via libera per l’ingresso nel Paese. Come confermato dall’agenzia governativa australiana che protegge i confini: «Il Signor Djokovic non è riuscito a fornire le prove adeguate per soddisfare i requisiti di ingresso nel nostro Paese e il suo visto è stato annullato. I cittadini non australiani che non sono in possesso di un visto valido all’ingresso o che hanno avuto il loro visto cancellato, saranno mandati via dall’Australia».
Polemiche
Le dure accuse del presidente serbo Una decisione così forte ha provocato delle reazioni altrettanto imponenti. E’ intervenuto subito il presidente della Serbia, Aleksandar
Vucic, che ha accusato l’Australia di «maltrattamenti» a Djokovic anticipando che «la Serbia si batterà per Novak, per la giustizia e la verità». Nel frattempo, avevano fatto il giro del mondo le grida di sdegno e le minacce del padre di Nole, Srdjan: «E’ prigioniero da tanto tempo, se non liberano nelle prossime ore combatteremo nelle strade: questa è una lotta per la libertà del mondo, non è solo quella di Novak». Il tutto mentre, sempre all’interno dell’aeroporto di Melbourne, il team di Djokovic cercava di capire l’evolversi della situazione, tra un colpo di sonno e l’altro. Il post pubblicato su Instagram da Goran Ivanisevic è stato emblematico...
Polemiche
Le bordate del primo ministro
La giornata era cominciata con l’intervento forte del governo australiano. Il primo ministro Scott Morrison aveva detto chiaramente che se il campione serbo non avesse avuto la documentazione in regola lo avrebbe rispedito a casa con il primo aereo disponibile. Parole dettata anche dalla rabbia con cui gli australiani hanno reagito alla notizia della concessione dell’esenzione medica al no vax Djokovic. Del resto, laggiù sono appena usciti dal lockdown più lungo del mondo (262 giorni) e anche alcuni cittadini australiani, che magari lavorano all’estero, si sono visti negare l’ingresso per andare a trovare i propri cari. Logica dunque la levata di scudi alla notizia del via libera per il campione serbo. «La mia opinione - le parole del premier a The Age - è che chiunque cerchi di entrare nel nostro Paese debba rispettare le regole e avere i requisiti richiesti. Quindi Djokovic, se non vaccinato, quando
Mio figlio è stato tenuto prigioniero. Questa è una battaglia per un mondo libero, lui è come Spartaco
Srdjan Djokovic padre di Nole
metterà piede in Australia deve fornire ai medici una prova valida per cui non può sottoporsi al vaccino. Altrimenti salirà sul primo aereo per tornarsene a casa». Detto, fatto. Tanto che lo stesso Morrison a cose fatte è intervenuto nuovamente ponendo l’accento sulle condizioni uguali per tutti: «Le regole sono regole, nessuno ne è al di sopra. Le nostri forti politiche doganali sono state fondamentali per avere uno dei tassi di mortalità più bassi al mondo per il Covid. E noi continueremo a essere vigili sull’argomento».
Gli organizzatori minimizzano
In tutto questo, evidente l’imbarazzo degli organizzatori del primo Slam stagionale. Il direttore degli Australian Open, Craig Tiley, sotto il fuoco dei media locali, pur facendo appello a Djokovic
a rivelare i motivi della richiesta di esenzione medica, quando sembrava che non c’erano problemi d’ingresso, aveva cercato di difendersi dicendo che il campione serbo «non ha ricevuto favori speciali» per andare alla caccia del 21° Slam della carriera, rivelando anche che altri 26 giocatori o membri dello staff (coperti dalla privacy) diretti a Melbourne per il torneo che scatta lunedì 17 hanno chiesto un’esenzione. E solo pochissimi sono riusciti a ottenerla. «Ogni persona che ha soddisfatto queste condizioni ha avuto il permesso di entrare. Non c’è stato nessun favore, nessuna norma ad personam per Novak» aveva aggiunto Tiley. Non sapeva ancora che la situazione sarebbe stata completamente capovolta.