Petrucci D’Arabia Perde il podio, non il sorriso E stupisce tutti Danilo è come Alonso: non si era mai visto niente del genere
Chiude terzo, poi è penalizzato: «Non importa, qui corro libero, nessuno dice che peso troppo»
Debuttante Danilo Petrucci, 31 anni, è alla prima Dakar, in sella a una Ktm. Dal 2012 al 2021 ha corso in MotoGP, con 2 vittorie ottenute con la Ducati. Dopo il guaio tecnico di lunedì, alla Dakar corre fuori classifica MILAGRO
La pizza alla fine della speciale, consegnatagli lungo l’autostrada, tra plastica e immondizie, premio per il primo podio alla Dakar, Danilo Petrucci se l’è gustata dividendola con Paolo Lucci, il migliore degli italiani in generale (29°), ieri ottimo 22°. E poco importa se un paio d’ore dopo, al bivacco di Riad. è arrivata la comunicazione che il 3° posto conquistato dopo 455 chilometri da protagonista assoluto – oltre metà tappa al comando, prima di essere scavalcato dalle Honda di Joan Barreda e Pablo Quintanilla – gli era stato tolto, con una penalità di 10’ che lo ha relegato 15°, reo di avere infranto, seppure per un nulla, il limite di velocità in un villaggio. «Ho sbagliato marcia e messo il limitatore a 50 km/h invece di 30, quando me ne sono accorto era tardi. Penalità giusta, ma non me ne frega un c…, perché mi sono divertito tantissimo. E domani (oggi; n.d.r.) partendo dietro posso vincere la speciale» ride Petrux.
Nessuno come lui Le lacrime di due giorni fa, quando un fusibile rotto sulla KTM lo ha appiedato nella seconda tappa mentre, anche lì, lottava per il podio, escludendolo dalla lotta per la generale per la forte penalità in termini di tempo, sono (quasi)
Marc Coma
Vincitore di 5 edizioni della Dakar dimenticate. Perché quello che Danilo cercava, in un mondo fino a 45 giorni fa completamente sconosciuto, più che un piazzamento in classifica era la capacità di capire se, dopo la MotoGP, i rally raid potrebbero rappresentare davvero il futuro, al netto del capitolo che sta per aprirsi con Ducati in Motoamerica. «Per me quello che Danilo sta facendo non lo si è mai visto» è l’investitura di Marc Coma, ex grande della Dakar (5 vittorie, la prima nel 2006, l’ultima nel 2015 tutte con KTM), tornato da poco a Mattighofen come consulente dopo essere stato direttore della stessa corsa e poi, due anni fa,
avere navigato Fernando Alonso, nell’apparizione una tantum qui in Arabia dello spagnolo, poi tornato in Formula 1. «Per certi versi Danilo può essere accumunato a Fernando, anche se le moto sono tutt’altra cosa rispetto alle auto – spiega Coma -. Danilo è un rookie, ma che viene dalla MotoGP, da una vita totalmente diversa, opposta, coi piloti che vivono in una bolla di lusso. Per correre qui, è uscito dalla sua zona di comfort, non si è presentato come la grande star, ha dovuto soffrire e rischiare, e questo aumenta enormemente il mio rispetto per lui. Pochi uomini sono disposti a cambiare tutto, e questo rende grande Danilo».
Ritmo diverso Dalla MotoGP alla Dakar è tutto diverso. «Il cambiamento più grande è il ritmo – spiega Petrucci -. In MotoGP è impressionante, nessuno capisce come quei 45’ di gara vadano oltre le possibilità umane, per provare a vincere devi davvero superare il tuo limite, e quello lo puoi scoprire solo in corsa. Qui guidi all’80% per quattro ore, quando però dopo due sei già cotto». Quando in novembre ha affrontato il primo test con la KTM a Dubai, Toby Price, l’australiano che la Dakar l’ha vinta nel 2016 e 2019, lo ha osservato attentamente. «La posizione su una MotoGP è totalmente diversa dai rally. Però vedevo che Danilo era a suo agio e guidava bene. Poi quando lo abbiamo spedito
da solo nel deserto a navigare, è partito alle 10 e al ritorno la sera alle 8, aveva la faccia stralunata. “Mi sa che è un po’ più difficile di quel che pensavo”, ha confessato. Mi sta piacendo molto».
Liberazione Soprattutto, questa esperienza sta regalando a Petrucci la libertà. «Guidare era l’unica cosa che desideravo, sbattendomene del consumo di benzina e gomme, del freno motore, delle strategie… Mi hanno rotto negli ultimi due anni perché ero troppo grosso, non ne potevo più. Ho visto che vado da Dio, oggi (ieri; n.d.r.) ero velocissimo, ma non ho rischiato mai, sono felice». Thomas Oldrati, una marea di Mondiali, Europei e titoli italiani nell’enduro lo applaude: «Glielo avevo detto due anni fa che poteva andare forte, siamo andati a fare il giro delle Valli Bergamasche dopo il Mondiale, e su sassi mai visti faceva paura». Ora resta un solo problema, il passaporto perso nel deserto: «L’ambasciata ha detto di fare denuncia alla polizia, sono stato in due stazioni, non parlavano inglese e non l’hanno fatta perché non sono musulmano. E gli uffici dell’ambasciata sono chiusi venerdì, giorno di riposo. Chissà…». Qualcuno al ministero degli esteri salvi il soldato Petrux!