La Gazzetta dello Sport

Chicco l’americano

- di Matteo Dore

Èun numero che provoca dolore solo a pronunciar­lo: 240. È la posizione di Francesco Molinari nella classifica mondiale a fine 2021, una caduta vertiginos­a dal 112° posto in cui era dodici mesi fa, ma soprattutt­o dal 18° del 31 dicembre 2019, per non parlare del 7° posto di fine 2018. Questa settimana, dopo due mesi di inattività, è scivolato ancora più giù: 249. «Ma questo è il golf. Bisogna saperlo accettare».

3Anche perché ci sono giustifica­zioni per la crisi. Ne sono successe di cose in due anni…

«Ho lasciato l’Europa per l’America, con due traslochi. Il primo da Londra a San Francisco e poi un altro a Los Angeles. Senza contare la pandemia e i problemi alla schiena che mi hanno bloccato a lungo, facendomi perdere l’Olimpiade».

3Ora come sta? Questa settimana torna finalmente in campo, in California.

«Meglio. Mi sto allenando a pieno ritmo senza problemi, anche se ogni tanto ho qualche dolorino, ma credo sia dovuto più all’età che all’infortunio».

3Le sembra di essere più avanti rispetto a un anno fa?

«Sì. Credevo di stare bene anche allora, ma avevo sottovalut­ato l’impatto dell’infortunio».

3Com’è la vita a Los Angeles? «Ci troviamo bene tutti. I bambini si sono abituati molto prima di me e di mia moglie, è normale».

3Tommaso, che ha quasi 11 anni, gioca a golf?

«Preferisce il tennis. La piccola, Emma, sembra un po’ più interessat­a. Ha solo sei anni ma quando la porto in campo pratica non vuole mai andare via… Ha già la scimmia del golf».

3Sono cambiate, a Los Angeles, le sue abitudini golfistich­e?

«Sì. A Londra avevo intorno tutto il team di supporto. Vedevo sempre Dennis Puigh, il mio allenatore, e il mio preparator­e atletico tre o quattro volte la settimana e invece qui non è più stato possibile. Così Puigh ora ha cambiato ruolo e mi farà da consulente».

3Come è composto il team?

«Il nuovo allenatore qui a Los Angeles è Jamie Mulligan. L’altra modifica più significat­iva è che per la preparazio­ne non lavoro più con Dave Alred. Oggi ad aiutarmi nelle metodologi­a di allenament­o c’è Sandro Donati. Ci siamo conosciuti un po’ di anni fa ed è una persona che stimo molto».

3Non vince un torneo da quasi tre anni. Sale l’ansia?

«No. Si sa che può succedere. Magari quando sei più giovane è un po’ più complicato da gestire, adesso ho sufficient­e esperienza per sapere che sono periodi che possono arrivare. Il golf è uno sport in cui si vince molto poco, ci si abitua fin da piccoli che le vittorie sono abbastanza rare».

Esiste anche un problema tecnico? Lei ha lavorato a lungo per aggiungere distanza ai suoi colpi, quando il suo stile di golf era sempre stato di precisione più che di potenza.

3 «Come in tutto c’è sempre una parte di verità. Il mio periodo migliore, il 2018, è arrivato dopo due anni di lavoro in quella direzione. Quando le cose vanno bene siamo tutti furbi e intelligen­ti, quando non vanno bene con il senno di poi è molto facile criticare. Se devo guardare indietro io e Dennis abbiamo fatto qualche errore da metà 2019 in avanti. Diciamo che il metodo con cui abbiamo cercato di continuare questo percorso lo abbiamo sbagliato. È andata così. Ma secondo me il vero problema è stato aver iniziato a giocare prima di essermi completame­nte organizzat­o come team di supporto. Ho cercato di fare le cose a distanza, ma non ha funzionato. Però se avessi cambiato persone magari sarebbe andata peggio. Non credo fosse il momento giusto. Un anno dopo ho molte più energie per affrontare nuovi stimoli di quante ne avevo un anno fa. Sono pronto a ricomincia­re per tornare in alto».

3 Da oggi, giovedì, torna in campo a La Quinta, in California. E nelle prossime settimane?

«Ho un programma intenso. Farò quattro tornei su cinque tra California e Arizona. Poi un paio di appuntamen­ti in Florida».

3E in Europa?

«Verrò in estate per fare lo Scottish Open collegato all’Open Championsh­ip e poi tornerò in autunno per fare Wentworh e poi l’Open d’Italia a Roma».

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