Trova una grande ala e avrai gioco e spettacolo
Ho letto gli articoli in memoria di Gento, appena scomparso. Non ho l’età per averlo visto giocare, ma mi entusiasmano quelli con le sue caratteristiche. E in generale mi pare si parli poco delle grandi ali, che servono forse più di prima anche se non sempre vengono apprezzate come meritano.
Adalberto Fuggini
Vero, caro amico: i numeri 10, i creativi in mezzo al campo e naturalmente gli uomini-gol sono molto più celebrati. Ma in realtà anche i signori della fascia occupano da sempre un posto di rilievo nell’immaginario collettivo, appena più appartato. I grandi dribblatori, dunque gli uominispettacolo, sono proprio loro. Quelli che saltano l’uomo con frequenza e creano gioco e assist. Quasi gli unici a cui si richiede di rompere la ragnatela di passaggi per andare all’assalto individuale. Forse è proprio questo il legame tecnico più stretto fra le varie epoche di calcio, spesso imparagonabili. Le squadre mitiche hanno sempre avuto ali fortissime: la freccia Jair nella grande Inter di Herrera, i fenomeni di tecnica Mora e Hamrin nei Milan europei di Rocco, il Bruno Conti nell’Italia mondiale 1982, Insigne e Chiesa in quella
europea di Mancini. Si può sopravvivere ad alto livello senza Baggio o Rivera, perfino privi di un grande bomber, ma senza qualcuno di veramente forte sugli esterni non vai molto lontano. È una regola con poche eccezioni.
Quando la velocità di corsa si abbina a un controllo di palla raffinato nascono i Gento o i Salah di oggi. Il milanista Leao fra due-tre mesi avrà un valore di mercato più vicino ai 100 milioni che ai 50. Mi sbilancio così sull’ultimo arrivato in questo club molto esclusivo. Ricordo una conversazione informale con Sacchi di qualche anno fa; gli chiedevo chi era stato il giocatore-chiave del suo
Milan: fece il nome di Donadoni, e non mi sorprese, pur potendo scegliere in una rosa formidabile, con Van Basten e Baresi, Gullit e Maldini. Era allo stesso tempo l’uomo dell’ultimo dribbling sull’esterno e quello che andava a pressare e coprire non appena persa la palla. Tecnica e generosità. Già, perché sulla fascia è ben difficile avere pause di gioco, ancora di più con i terzini incursori del calcio odierno, che vanno adeguatamente coperti. E infatti l’Insigne del Napoli di Sarri lo vedevi spesso in feroci e dispendiosi rientri fino al limite della sua area. E se si richiede troppo nei ripiegamenti, nasce in realtà un nuovo tipo di giocatore che ai tempi si definiva “tornante”, mentre oggi li sentite spesso chiamare i “quinti”, cioè i difensori della difesa a cinque che in possesso palla hanno la funzione di ali. Gente stremata alla fine delle partite, soggetta a inevitabili cali di condizione.
Non appartengono al ruolo di ala i Cristiano Ronaldo di oggi e i Pierino Prati e i Gigi Riva di ieri, veri centravanti che si defilano solo a inizio azione per poi impadronirsi dell’area. L’ala non ha il gol come prima missione, anche se deve saper segnare, e con entrambi i piedi. È a pensarci bene il giocatoreatleta più completo sul campo di calcio: velocità, tecnica, ma anche resistenza, continuità ed estro. Un lavoro faticoso ma anche esaltante, imprescindibile grimaldello per aprire le difese avversarie e vanificare i pressing più soffocanti. Una specie da coltivare e da proteggere con cura: se nasce un campione con i piedi sulla linea laterale, la gioia di vedere il calcio aumenta in modo esponenziale.