La Gazzetta dello Sport

Daniel, caro nemico Da Milano a Mosca favola di un campione

Oggi (ore 18) l’Olimpia in Russia contro il Cska del suo ex play. Un giocatore col Covid nell’Armani

- Di Andrea Tosi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Dopo Istanbul e Barcellona, violate con una grande prova di squadra, Milano cerca il tris stasera a Mosca (ore 18 italiane; diretta Sky Sport Uno), sul campo del Cska, altro nobile tempio di Eurolega. Di fronte avrà il caro nemico Daniel Hackett, votato nelle ultime due settimane come Mvp del torneo, sesto uomo di ferro dell’Armata moscovita. Figlio d’arte (il padre Rudy, pivot vecchio stampo, ha giocato a lungo in Italia negli anni 80), Hackett è anche l’ex che ha legato all’Olimpia i 18 mesi più intensi e discussi della sua carriera, portando in dote lo scudetto del 2014 che ha spezzato un digiuno di 18 anni dentro a un matrimonio consumato in fretta e con un addio anticipato sui tempi contrattua­li. Hackett, insieme a Ale Gentile, Melli e Langford, era uno dei Magnifici 4 della squadra guidata da coach Banchi che ha firmato il primo tricolore sulle maglie del patron Armani. Doveva essere il leader di un progetto tecnico fortemente improntato sugli italiani ma i piani del club, allora guidato da Livio Proli per la parte sportiva, sono naufragati in fretta dopo quel trionfo sui “cannibali” di Siena che sembrava dovesse aprire una nuova era per Milano.

Fuga e squalifica Hackett, cresciuto tra gli Usa, Treviso e Pesaro, proveniva proprio dalla Mens Sana che era agli sgoccioli del suo impero. Un’operazione voluta a tutti i costi da Proli nel dicembre 2013 mandando in Toscana l’alterno Marquez Haynes (che poi avrebbe vinto due scudetti a Venezia), uno scambio che sanciva una pax sociale tra i due club egemoni in quel periodo storico. Hackett era il pezzo che mancava a Milano per fare il salto definitivo di qualità e nel contempo indeboliva Siena che aveva problemi di liquidità dopo i primi segnali di disimpegno del Monte dei Paschi. L’impatto di Hackett su una squadra comunque forte è stato subito decisivo. Sotto la sua spinta, che raddoppiav­a quella di Gentile, campionato ed Eurolega sono diventate terreno di conquista per l’Olimpia che in Serie A non conosceva ostacoli centrando 21 vittorie di fila e in coppa tornava ad affacciars­i ai playoff sfiorando l’accesso alle Final Four. Era una bella Milano che univa spettacolo e risultati e che aveva riacceso l’entusiasmo del Forum. All’epoca Hackett produceva numeri da giocatore ormai affermato, un regista di forte personalit­à (anche troppa, secondo la critica del tempo) che spostava gli equilibri nei duelli contro i pari ruolo stranieri. Tutto bello fino all’episodio che ha rotto l’incantesim­o, ovvero la fuga dal raduno della Nazionale a Trieste, giustifica­ta da problemi fisici ma non autorizzat­a dalla Fip. Correva il luglio 2014, un fatto senza precedenti, la frattura era troppo forte col sistema e il presidente Petrucci, tornato da pochi mesi al comando della Federazion­e, non poteva perdonargl­i quella diserzione. Morale: sei mesi di squalifica che, grazie a una forte opera di mediazione, vennero ridotti con un provvedime­nto ad personam dello stesso Petrucci. Così Hackett, figliol prodigo, tornava in campo per Milano e per la Nazionale. Ma la stagione dei successi stava per sfiorire davanti all’emergente Sassari, lanciata verso un clamoroso Triplete superando sempre Milano nelle partite più importanti.

Vincente all’estero Quel flop lo ha convinto a lasciare l’Olimpia e l’Italia perché voleva cambiare sistema di gioco e di vita. Prima tappa l’Olympiacos Pireo con titolo greco, poi i tedeschi del Bamberg, ponte di passaggio al Cska. Qui Hackett è diventato un giocatore totale e più vincente di prima. La conquista dell’Eurolega 2019 lo lega a Rodriguez e Hines, gli avversari di oggi, e lo ha incoronato come un simbolo del nuovo corso moscovita, tanto da essere definito il pupillo del presidente e plenipoten­ziario Vatutin. Il resto è storia e gloria per questo forlivese-pesarese-americano che a 34 anni ha fatto il pieno in carriera, mancando solo la Nba, il sogno da ragazzo, quando frequentav­a l’Università di Southern California. Da tempo ha riposto quel sogno nel cassetto godendosi Mosca senza rimpianti per il passato e per il rapporto con la Nazionale che ha chiuso al termine del Mondiale cinese.

Altro contagio Milano si è imbarcata per la capitale russa lasciando a casa un giocatore (non nominato) risultato positivo ai test anti Covid effettuati prima dell’imbarco. Negli scontri diretti, la squadra di coach Messina (altro grande ex insieme a Rodriguez e Hines: 5 Euroleghe in tre con le insegne Cska) viene da due successi di fila, l’ultimo proprio alla prima giornata (84-74 con 5 uomini in doppia cifra) che ha aperto la serie di 7 vittorie iniziali, record societario. Una sfida che è un esame per entrambe in ottica primi 4 posti e che non ha bisogno di stimoli per giocarla al massimo. I veri campioni lo sanno bene.

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