La Sei Giorni a Milano? Motta: «Tremava tutto»
Basta solo pronunciare la parola, Sei Giorni di Milano, e la gente è già pronta a mettersi in cammino per tornare a vivere quelle serate entusiasmanti tra ciclismo e mondanità. L’ultima volta nel 2008, Paolo Bettini alla tappa finale di una carriera inimitabile sulla pista montata in un padiglione della Fiera. Poi le kermesse in Italia sono sparite e con loro il contorno di industriali e imprenditori, stelle della musica e dello spettacolo: la perdita di questo patrimonio ha anticipato il progressivo inaridirsi del nostro movimento.
Il progetto
Ricordi Il presidente della Federciclo, Cordiano Dagnoni, milanese, ha respirato sin da piccolo l’atmosfera del Palazzo delle Scintille, in piazza VI Febbraio (a due passi dal Vigorelli), che ha ospitato la Sei Giorni dal 1961 al 1973. Le Scintille sono state il primo palazzo dello sport di Milano, progettato dall’architetto Paolo Vietti-Violi in stile Liberty e inaugurato nell’aprile 1923. Qui il primo Mondiale di pugilato in Italia, 1933: il panamense Al Brown contro Bernasconi. Sfilate di moda e basket, e tanto ciclismo. Dagnoni lo sa bene e vuole sfruttare il momento d’oro della pista azzurra, con gli ori olimpici di Viviani 2016 e del quartetto di Ganna, Consonni, Lamon e Milan nel 2021, più i Mondiali. «L’avevo detto prima della mia elezione: sto lavorando per realizzarlo con i grandi stradisti italiani e stranieri. Non solo Ganna e Viviani, ma anche Nizzolo, che tornerà a fare la pista, e Colbrelli. Milano è la casa della Sei Giorni, evento mondano e sportivo: vorrei riportarla al Palazzo delle Scintille, ora hub vaccinale (ha superato un milione di dosi, ndr) dove si potrebbe montare una pista da 200 metri. Tutto dipende dall’evoluzione della pandemia. Sto discutendo la data con l’Uci, la federazione mondiale: sarà a fine novembre. L’alternativa, nel caso non si potesse fare a Milano, sarebbe il velodromo di Montichiari».
Nel cuore Chi a Milano ha lasciato il cuore è Gianni Motta, protagonista delle serate della Sei Giorni: quattro volte re, nel 1965 con Van Steenbergen e poi dal 1966 al 1968 con Peter Post. Lui, maglia rosa al Giro 1966, e gli anni della rivalità con Gimondi. Racconta Motta, e si sente l’emozione: «Era troppo bello .... Pista corta, spettacolare.
C’era sempre il pienone. Quando aprivano i cancelli, si sentiva un rumore come se stesse entrando un reggimento di Cavalleggeri. Per la Sei Giorni ci vogliono i corridori veri, i grandi stradisti: io e Gimondi, quante sfide. Venivano i nostri tifosi, io abito a Cassano d’Adda, sono milanese ma a un passo da Bergamo, e quando si correva, il
palazzetto tremava tutto per l’entusiasmo che c’era. E poi l’amicizia con Mario Dagnoni (papà del presidente Cordiano ndr), mi guidava lui nelle gare stayer, gli ero molto legato». Motta è ancora nel ciclismo, testimonial Mediolanum con Moser, Fondriest, Bettini e Ballan: «Erano anni d’oro in cui andava tutto bene, la vita ricominciava, e la Sei Giorni di Milano era davvero speciale. Vi racconto questa: allora si poteva fumare all’interno, e dalla linea d’arrivo non si vedeva l’altra parte della pista per la nuvola che c’era... Ma che bello».
l. gial.
Dagnoni (Fci) lavora per riportarla a fine novembre al Palazzo delle Scintille, ora hub vaccinale
Erano anni d’oro e sentivi il calore della gente: che ambiente speciale Gianni Motta, 78 anni 1° al Giro 1966, re di 4 Sei Giorni