La Gazzetta dello Sport

Paris La mia St

- Simone Battaggia

rriva Kitzbuehel e non c’è Coppa, Mondiale, Olimpiade che tenga. La messa laica dello sci alpino ferma il tempo, congela gli umori, sposta i riflettori su di sé. «Zero» è il numero di pensieri che Dominik Paris in questi giorni sta dedicando alla Cina, ai Giochi, a una pista che non conosce, a un oro che lo farebbe entrare nel mito. Non è solo questione di sopravvive­nza. È che Kitzbuehel è Kitzbuehel, e sulla Streif puoi aver vinto già tre volte come lui — 2013, 2017, 2019 — ma non ti basterà mai. «Perché è la nostra Wimbledon, il nostro GP di Montecarlo — spiega Domme —. È il privilegio, di esserci e di vincerla».

3Sulle gambe sente ancora il weekend di Wengen?

«Il recupero fisico è andato abbastanza bene. La gara in più un po’ si è sentita, ma con i due giorni di riposo più o meno mi sono ricaricato».

3L’anno scorso ci furono molte polemiche: Clarey cadde in prova, Cochran Siegle si fece male al traverso dell’Hausberg, Krienbuehl all’arrivo. Lei alla vigilia aveva denunciato la pericolosi­tà del “dente” nel salto finale. Come è la pista?

«C’è un passaggio nuovo in entrata al traverso dell’Hausberg, dopo il salto. È più facile, ci vuole meno coraggio. L’obiettivo era quello di farci arrivare con meno velocità sullo schuss finale, e invece Travis (Ganong, ndr) mercoledì lì ha toccato i 143 km/h. Insomma, si va veloci uguale e quel passaggio adesso non è un granché».

3Come

ha trovato la pista?

«È in ottime condizioni, ghiacciata, bella, poco mossa, forse troppo. Ma non mi posso lamentare».

3Non è molto contento delle prove.

«Nella prima ho tribolato, ho sbagliato due o tre volte, una giornata da dimenticar­e. Nella seconda siamo partiti da troppo in basso, definirla prova è un po’ troppo. Vediamo se basta».

3Però Kriechmayr a Wengen ha dimostrato che si può vincere anche senza prova, non è vero?

«Già. Meno scendi e meno fai fatica, è evidente. Lui ha usato la prima discesa come prova e la seconda l’ha vinta. In realtà della cosa non si è poi discusso tanto tra noi atleti, sono stati soprattutt­o gli allenatori a farlo. Io dico che è bello che al via ci siano tutti, ma le regole ci sono e non hanno senso se poi trovi una soluzione per non rispettarl­e».

Marco Odermatt è stato secondo a Bormio e a Wengen. Cosa la colpisce di più del suo essere discesista?

3 «Già tre anni fa Beat (Feuz, ndr) mi disse che sarebbe arrivato. Allora Marco fece la prima prova piano, la seconda spinse un po’ di più e in gara andò a punti (24°, ndr). È il suo sistema ed è buono. Ha il pelo sullo stomaco per la velocità e la tecnica in curva, questo è certo, ma soprattutt­o è intelligen­te, come deve essere ogni discesista. Prende dei rischi

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