Le rose extralarge in Italia prendono sempre più piede
Non era mai successo. Per la prima volta in Serie A un confronto è finito con l’identico punteggio di 5-0 a favore della stessa squadra sia all’andata che al ritorno. Ma si può dire stessa squadra? Sì, senza dubbio, nel caso dell’Inter. Più difficile sostenerlo nel caso della Salernitana. A San Siro, nel girone di ritorno, si è presentata una squadra che aveva lo stesso nome, la stessa maglia e gli stessi tifosi appassionati, ma una nuova e diversa proprietà, nuovi e diversi dirigenti, un nuovo e diverso allenatore e che ha mandato in campo dieci nuovi
e diversi giocatori, otto dei quali nella formazione iniziale. Tutto perfettamente regolare, non è stata violata alcuna norma. Ma forse bisognerebbe chiedersi se tutto ciò abbia un senso. Se cominciare una competizione con una squadra e concluderla con un’altra rispetti i principi dell’etica sportiva.
Tuttavia, la questione non è soltanto morale. È anche, ovviamente, economica. La Salernitana sta battendo ogni record precedente: in questa stagione ha già impiegato tre allenatori, con i rispettivi staff tecnici, e 42 (quarantadue) giocatori. Ma non è sola. Le altre due formazioni al
momento in coda alla classifica hanno finora utilizzato, rispettivamente, il Genoa quattro allenatori e 38 giocatori e il Venezia un solo allenatore e 35 giocatori. Mal contati, e considerati i collaboratori al seguito dei vari tecnici che si sono succeduti in panchina,
siamo oltre i 130 stipendi da pagare a calciatori e allenatori per cercare di evitare la retrocessione. Per ora senza successo, anche se c’è ancora tempo.
Sono un po’ le mosse della disperazione e va considerato che in due dei tre casi in questione, Salernitana e Genoa, le nuove proprietà hanno cercato, appena arrivate, di ribaltare situazioni già piuttosto compromesse con un massiccio ricorso al mercato di gennaio. Ma è chiaro che si sta perdendo il senso della misura. Diventa poi difficile chiedere sostegni per quanto la pandemia ha tolto anche al calcio, se si dimostra una tale insensibilità alla sostenibilità del sistema. Detto che i club di Serie A ad avere usato meno giocatori sono Inter, Napoli, Lazio e Udinese (26) e che sono otto le società ad averne già messi in campo più di 30, non si può non constatare che nel resto d’Europa si registrano meno sprechi. Con più di 30 giocatori impiegati, in Bundesliga ci sono solo due squadre, in Premier League tre, nella Ligue 1 francese sei. Nella Liga spagnola invece sono ben 11, con un totale di 595 giocatori finora utilizzati dalle 20 partecipanti. Resiste però il primato negativo della Serie A: 599 calciatori già schierati, cioè in media 30 per club, oltre 100 più di quanti ne venivano impiegati vent’anni fa, quando i ricavi erano già più o meno al livello attuale. E nelle serie minori le cose non vanno meglio.
Il Parma per precipitare dalla Serie A alle posizioni mediobasse della classifica di B ha usato in una stagione e mezza quattro allenatori e 67 giocatori. Particolare da non trascurare: Genoa, Venezia e Parma hanno proprietà americane, a riprova che certe nostre cattive abitudini sono molto contagiose.
Poi dice che i conti non tornano. Ma non è solo questione di bilanci. Com’è naturale che sia, nelle Coppe europee c’è una regola che stabilisce che a gennaio, rispetto alle liste presentate a inizio stagione, non si possono cambiare più di tre giocatori. È vietato stravolgere tutta la squadra a torneo in corso. Una norma che dovrebbe valere al più presto anche per i nostri campionati.