Pioli e Inzaghi, ma che strana parabola Da allenatori affiatati a duellanti al vertice
Ècominciata - con il Napoli e Spalletti ancora in piena corsa - la lunga sfida tra Simone Inzaghi e Stefano Pioli. Un duello di sicuro non banale, che si consumerà non soltanto in campionato, ma anche in Coppa Italia. Tra due allenatori che si conoscono benissimo, non solamente dal punto di vista professionale. Hanno vissuto praticamente insieme per due anni: uno allenatore della Lazio e l’altro della Primavera. Non c’era giorno che non si scambiassero opinioni e punti di vista, sul calcio e sui giocatori. Fino al giorno del destino: l’esonero di Pioli, che pure aveva portato la squadra ai preliminari di Champions League, con la promozione ad interim di Inzaghi. Una decina di partite per tentare il grande salto, che si è concretizzato dopo il tira e molla con Bielsa. E Simone, già in viaggio per Salerno, invitato a fare inversione in tutta fretta.
Una vita, insomma, in parallelo. Come, in parallelo, è ora questa sfida: con il Napoli - come dicevamo pronto ad inserirsi nella corsa. Certo è che Inzaghi e Pioli - Simone e Stefano per quanto si sono frequentati - a distanza di sei anni dal passaggio di testimone con la Lazio, si ritrovano di nuovo faccia a faccia. Consapevoli della forza delle loro squadre; e perfettamente consapevoli
di avere nell’allenatore rivale un ostacolo in più da superare. Perché - e su questo non c’è dubbio - i due si stimano. Pioli ha apprezzato, in quei due anni, l’entusiasmo del giovane collega, che si fermava spesso con la macchina nel piazzale dell’Olimpico e diceva a tutti: «Un giorno toccherà anche a me». Inzaghi, già, che lealmente - nel frattempo - era
pronto a mettersi a disposizione con i suoi ragazzi ed era sempre lì a imparare: la gestione del gruppo e dell’allenamento. Di un collega a cui non poteva - e non può non riconoscere un’esperienza superiore.
Pioli, in questa corsa, potrà infatti mettere tutte le conoscenze accumulate in
oltre 750 panchine. Una lunga e graduale crescita la sua, che ha fatto come si dice la gavetta e - passo dopo passo - si è sempre conquistato quel qualcosa in più del suo cammino. Più rapida, improvvisa addirittura, la crescita di Inzaghi, che dalle giovanili è subito passato, facendosi apprezzare, a palcoscenici importanti. Ma se l’esperienza è dalla parte di Pioli, non c’è dubbio che Inzaghi abbia un’abitudine maggiore alla vittoria: tre successi in Supercoppa e uno in Coppa Italia sono dalla sua parte. E se Inzaghi può puntare anche sulla forza che alla sua squadra ha già dato uno scudetto, Pioli guida un gruppo che - per definizione - è più libero da pressioni psicologiche. È l’Inter, secondo molti, a “dover” vincere. Il Milan può provarci, più liberamente.
E se Inzaghi è - con le sue ragioni - un integralista del 35-2, Pioli ha invece dimostrato una flessibilità maggiore. Come ha fatto a Napoli, quando, invece di tenere Kessie venti metri più avanti, ha messo Tonali venti metri più indietro.
Di certo Inzaghi e Pioli, in ugual misura, possono contare e appoggiarsi su due club molto competenti, perché la margherita, Ma-Ma, può essere sfogliata anche con i dirigenti: Marotta e Maldini. Di sicuro, e in questo caso non c’entra il parallelo, Pioli ha compiuto - fino a questo punto - un capolavoro.
Senza Kjaer, Maignan per un mese e mezzo, Ibra, Bennacer e Kessie in Coppa d’Africa, essere ancora lì a giocarsela è davvero qualcosa di speciale. E Inzaghi, che lo conosce bene, sa perfettamente che per batterlo bisognerà davvero riuscire a dare il massimo. Perché entrambi - e vale anche per Spalletti - ci tengono tantissimo a scoprire cosa si prova a conquistare uno scudetto.
Derby infinito Pioli ha dalla sua l’esperienza. Inzaghi una maggiore attitudine alla vittoria