Ferrari vinci ANCHE PER ME
MANSELL EMOZIONI IN SERIE «LA ROSSA TORNERÀ DAVANTI E QUEST’ANNO CI DIVERTIREMO»
«Dovete salutare per me tutti i tifosi della Ferrari, quest’anno spero vinca molto. Io sventolerò la bandiera del Cavallino anche per loro». Sono le 6 del mattino in Florida, dove vive oggi. Nigel Mansell, 68 anni, si è svegliato presto per parlare di F.1, di piloti, di una stagione che sta per cominciare, della rossa ancora nel suo cuore e anche della sua storia. Sono passati trent’anni dal Mondiale che vinse con la Williams, coronamento di una carriera nei GP piena di successi e non sempre fortunata. Ma generosissima, e per questo ancora negli occhi degli appassionati.
3Nigel,
che cosa ricorda di più di quel Mondiale 1992?
«È una domanda perfetta per tirar fuori il mio senso dell’umorismo: non ricordo assolutamente niente! Grazie, ciao, intervista finita (ride). Scherzi a parte, lo choc deriva dal fatto che sono passati già trent’anni. È strano perché ti senti addosso la stessa età e hai in mente tanti episodi, molti dei quali meravigliosi. Fu l’anno più incredibile della mia vita: raggiungi il tetto del mondo e in due settimane crolla tutto (a fine stagione la Williams non rinnovò il contratto e Nigel andò in Indycar; n.d.r.). Fu comunque fantastico. Avevo sfiorato il titolo nel 1986, ’87 e ’91, senza riuscirci. Soprattutto la prima volta, quando esplose la gomma ad Adelaide e lo persi per un punto, fu durissima. Nel 1992 fui ripagato di tutto: quando vinci il Mondiale entri in un club davvero speciale».
3 Alla fine del 2021 se n’è andato Frank Williams: quanto è stato importante per la sua carriera?
«Sono stato molto vicino a Frank, a sua moglie e ai suoi figli. Oddio, non così vicino da riuscire a mantenere il posto per il 1993... Ma era determinato, volevamo le stesse cose. Ringrazio ancora lui e Patrick Head (il socio di Williams e d.t. del team; n.d.r.) che mi hanno aiutato a diventare campione».
3 In questo 2022 la F.1 ha regole e auto nuove: cosa si aspetta?
«Molte emozioni e molto equilibrio. Sembra che Ferrari e McLaren possano avvicinare Red Bull e Mercedes, e le nuove vetture dovrebbero allargare il campo di chi può vincere. Se così fosse sarebbe molto bello».
3Lei è arrivato in F.1 grazie a Colin Chapman, il signor Lotus, grandissimo progettista: come avrebbe affrontato il cambio regolamentare?
«Per la mia vita lui è stato più importante di Williams, senza Chapman non sarei arrivato in F.1 ed è stato come un padre. Se non fosse scomparso nel 1982 sarei restato alla Lotus per sempre e avremmo vinto un Mondiale insieme. Era un genio e avrebbe adorato la sfida tecnica di questa stagione tirando fuori idee di ogni genere».
Torna l’effetto suolo, presente nei suoi primi anni di GP. Com’era averci a che fare?
«Quelle monoposto restano le più stupefacenti che abbia mai pilotato. Non dimenticherò mai un test in Brasile, a Jacarepaguà. Seguivo la Brabham di Patrese che uscì di pista e finì contro il guard-rail: erano così tanti i G che dovevamo sopportare in curva che Riccardo svenne nell’abitacolo. Erano auto incollate per terra, fisicamente dure da guidare, ma ogni tanto ti mollavano, non sapevi cosa poteva capitare. Era un’epoca in cui se avevi coraggio ed eri abbastanza stupido potevi essere molto veloce. Ma anche perdere la vita». 3Ripartono
tutti da zero, la Ferrari ha la possibilità di tornare al top: può riuscirci?
«Può e deve. È il più grande team della F.1. La passione, i tifosi, la sua gente sono incredibili: lì ho vissuto anni fantastici. È giusto che lottino di nuovo per vincere delle gare e anche il Mondiale. Non succede da troppo».
3Cos’è mancato di recente? Stabilità, la struttura tecnica, la leadership?
«Un po’ di tutto questo. La guida e le abilità tecniche contano tanto. Ci sono state spesso polemiche in Ferrari, ma quando tutti tirano dalla stessa parte non c’è squadra migliore in cui stare, il feeling e l’atmosfera che regala sono speciali. Credo che stavolta siano uniti e abbiano davanti un 2022 di successo».
3Leclerc e Sainz sono in grado di lottare per un Mondiale?
«Assolutamente, sono entrambi pronti per vincere il titolo. Da anni sono vicini ai rivali più forti, hanno superato da un pezzo il test sulla loro consistenza per viaggiare ai massimi livelli».
3Perché lei è ancora così amato dai tifosi della Ferrari?
«Perché io amo loro. Abbiamo condiviso momenti magici: quando ho vinto la mia prima gara con la rossa a Rio nel 1989 contro ogni pronostico, il successo in Ungheria fulminando
Senna dopo essere partito 12°, l’anno dopo il testacoda a 300 orari a Imola con Berger che mi ha spinto fuori e io che riparto e faccio segnare il giro veloce della corsa, il sorpasso all’esterno allo stesso Gerhard nel finale del GP del Messico. Tutto questo, messo insieme, mostrava ai fan del Cavallino che non smettevo mai di provarci. Ho sempre dato il massimo, ho fatto tutto quanto possibile per le mie abilità anche se poi il risultato non è stato quello voluto. Però ci ho sempre provato e loro questo lo percepivano, così come lo sentivo io. Li ho ringraziati allora e, se mi vogliono ancora bene, li ringrazio adesso».
3Cosa pensa del finale di Abu Dhabi nel campionato scorso?
«Nessuno è da condannare. Né Verstappen, né Hamilton, né le squadre. C’è stata solo molta confusione e quello che è successo è successo, riguarda soprattutto la Fia. Ma i due piloti sono stati grandi. Verstappen ha comunque meritato, è un degno campione del mondo. Non è stato bello per i tifosi: per un fan di Max il Mondiale lo ha vinto Max, per un fan di Lewis il Mondiale lo ha vinto Lewis. Loro non hanno fatto altro che correre al massimo, ma il modo in cui è finita è stato in effetti deludente. O molto buono, se sei olandese...».
3Hamilton resta il migliore? «Quando si ritirerà i suoi record rimarranno a lungo irraggiungibili. Ha avuto ottime monoposto e team che l’hanno supportato, un po’ come successo a Michael Schumacher, ma va sottolineato il suo grande lavoro nel tempo. Perché quando conquisti una tale quantità di titoli, la tua abilità mentale viaggia su un altro livello: arrivi a ogni GP aspettandoti di vincere. E se non succede hai una motivazione extra per la corsa seguente. Il bello è che se può far meglio ci riesce. Sarà così anche quest’anno: si sente derubato e farà di tutto per rimettere le cose a posto».
3Come eravate lei, Prost, Senna, rispetto ai piloti oggi?
«Forti come loro. Ma dovevamo fare qualcosa in più. Adesso non devono preoccuparsi dell’affidabilità: se non fai un errore la vettura non ti lascia quasi mai a piedi. Noi dovevamo stare attenti a guidare intorno ai problemi, essere veloci nonostante i guai, e fisicamente era molto più dura senza servosterzo: tenere l’auto in curva dipendeva dalla tua forza. Ora hanno aiuti dalla telemetria, dai simulatori, hanno 20 o 30 ingegneri che gestiscono parti della monoposto durante la corsa. E poi dovevamo avere una fede assoluta in noi stessi e nella macchina: prima che arrivassero le tragedie del 1994 le piste erano molto più pericolose tra muri, guard-rail e vie di fuga limitate. Se guardo indietro dico che era da potenziali suicidi correre con le reti tenute in piedi da pali di legno all’esterno delle curve».
Nigel: «Amo il Cavallino, se il team è unito il successo arriva. Hamilton e Verstappen grandi. Ma io, Senna e Prost in pista facevamo miracoli»
Era molto legato a Elio De Angelis e Gilles Villeneuve, che non ci sono più. Vede ancora qualcuno dei colleghi di allora?
3 «Molto occasionalmente. Ho un bel legame con Patrese, il compagno migliore che ho avuto, ma non frequento tanta gente della F.1. Elio e Gilles erano due amici veri e per loro provo ancora tanta tristezza».