Nei suoi successi non esiste l’ego
Gregg Popovich ha eguagliato Don Nelson per numero di vittorie complessive in stagione regolare, lo ha fatto in meno partite rispetto a Nelson e presto lo supererà, aggiungendo questo record personale ai cinque titoli Nba e all’oro olimpico di Tokio 2020 dove ha potuto prendersi la rivincita per essere stato, da giocatore, l’ultimo taglio della selezione Usa ai Giochi di Monaco 1972. Nel corso della mia seconda stagione con gli Spurs, battendo i Pacers a Indianapolis, con un canestro allo scadere di Marco Belinelli, uno dei protagonisti del titolo 2014, Coach Pop aveva raggiunto le mille vittorie e avevamo festeggiato a cena con tutta la squadra e pochi suoi carissimi amici d’infanzia che lo avevano raggiunto per l’occasione. Ieri il Coach non ha risposto a domande sul record e gli Spurs non hanno nemmeno riportato la notizia sul loro sito ufficiale, fedeli allo stile di understatement del loro leader.
Duncan e il fato Posso assicurare che non si tratta di un atteggiamento studiato: la profonda convinzione che il proprio successo è stato determinato dai grandi giocatori che ha allenato e dal fato che ha permesso agli Spurs di poter scegliere per primi nel draft 1997, aggiudicandosi Tim Duncan, il campione capace di rovesciare il record all’epoca perdente di San Antonio in vincente da una stagione all’altra, è ciò che distingue coach Pop. Non potrebbe mai chiedere ai suoi uomini e al suo staff di controllare il proprio ego se non fosse il primo a non prendersi troppo sul serio. Di questo suo modo di essere e di pensare ne ha risentito anche il suo rapporto con la stampa. Negli ultimi anni ha rilasciato rarissime interviste e sempre a condizione che le domande fossero centrate sulla squadra, che allena dal 1996, sulla filosofia degli Spurs, la cosiddetta The Spurs Way, e non su di lui.
Vino rosso Cosi sarà fino alla fine della sua carriera, anche se serate come quella vissuta lunedì allo AT and T Center sono per coach Pop un’occasione per riflettere sulla sua carriera, sulle tante persone che ha influenzato positivamente in campo e fuori, sul senso più profondo della propria vita, soprattutto perché si avvicina il momento in cui dovrà decidere il proprio futuro. E, comunque, nello spogliatoio non sarà mancato un brindisi con uno dei suoi vini rossi preferiti, insieme al suo staff e a R.C. Buford e Brian Wright, Ceo e general manager di San Antonio, lontani da occhi indiscreti.