La Gazzetta dello Sport

Marco Belinelli È la sua umanità a renderlo unico

- IL CAPITANO VIRTUS di Marco Belinelli

Ricordo ancora quella sera. Eravamo ai playoff, alle 23:30 a sento bussare alla porta della mia stanza d’albergo. Quando la apro, trovo davanti una fettina di torta di carote: l’aveva lasciata lui, per farmela assaggiare. Era la nostra intesa: ogni volta che trovava qualcosa di buono, del cibo o del vino, ci teneva a farmelo sapere. Sono cose come queste, il suo livello umano, a rendere Gregg Popovich il migliore di tutti secondo me. L’ho visto nei miei anni a San Antonio, dove ha sempre trattato tutte le persone con rispetto: poteva essere Tim Duncan o il Corey Joseph della situazione, lui aveva sempre lo stesso rispetto e lo stesso approccio con tutti. Ovviamente Duncan, Parker e Ginobili per lui erano come figli, quindi magari li capiva senza doversi parlare. Ma se si incazzava con Duncan, se trattava Parker e Ginobili come magari trattava me, capivi che dovevi farti trovare pronto.

Spurs Non lo conoscevo quando sono arrivato per la prima volta a San Antonio. Anzi, avevo un po’ di timore nell’andare in una squadra come gli Spurs, che l’anno prima erano andati in finale, nell’essere allenato da Popovich. Invece per me è diventato una persona di riferiment­o, una figura paterna sempre presente nei momenti importanti della mia carriera, anche quando ho dovuto cambiare squadra dopo i primi due anni agli Spurs. Mi è sempre stato vicino e anche adesso ci mandiamo dei messaggi, o le bottiglie di vino rosso che beviamo. È sempre stato duro, ma allo stesso tempo una persona che ti faceva capire perché eri lì, in un contesto vincente. E che il basket è uno sport di sacrifici, ma che siamo fortunati rispetto ad altre persone e bisogna avere rispetto di questo. E che bisogna sapere che nella vita ci sono cose molto più importanti di una partita di pallacanes­tro. È stato un vincente da subito: sono molto contento per lui e orgoglioso di essere stato allenato da un campione e da una persona vera come lui, uno che quando smetterà lascerà un vuoto in Nba come quelli di quando hanno smesso Michael Jordan o Kobe Bryant.

Capitano Gli insegnamen­ti di Pop li uso anche adesso che sono capitano della Virtus: è un onore e una responsabi­lità, cerco di essere rispettoso di tutti, umile, pronto al bisogno della squadra e del giocatore. Se c’è bisogno di qualcosa mi faccio sempre trovare pronto. E questo vuol dire anche motivare la squadra, come faceva Pop che aveva momenti in cui si incazzava ma sapeva che da quell’atteggiame­nto avrebbe tirato fuori il meglio della squadra.

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CIAM Coach Marco Belinelli ha giocato 4 anni per Pop

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