La Gazzetta dello Sport

STREPITOSO FULMINA GLI AMERICANI COL RECORD EUROPEO È DAVVERO IL NUMERO 1 Il mondo è di

Titolo iridato per l’azzurro che nella finale dei 60 vola in 6”41. Battuti al fotofinish Coleman e Bracy

- Di Andrea Buongiovan­ni INVIATO A BELGRADO (SERBIA)

Campione del mondo dei 60 indoor. Da campione olimpico in carica dei 100. Mai successo. Marcell Jacobs è sempre più nella storia della velocità. Che fenomeno! Che pantera! C’è ancora lui davanti a tutti. Come lo scorso anno agli Europei in sala di Torun e ai Giochi di Tokyo. Per l’azzurro è il terzo titolo consecutiv­o nello sprint internazio­nale. Con l’aggiunta di quello della staffetta 4x100 a cinque cerchi. Roba da pochi, roba da giganti. Roba da Jacobs.

La corona

E dire che Marcell, a Belgrado, non partiva da favorito. Invece il poliziotto bresciano riesce anche in questa impresa. E lo fa come meglio non potrebbe: con il record italiano in semifinale (6”45), con quello europeo in finale (6”41). Prestazion­i da capogiro. Prima di degnamente celebrarle e di raccontare quest’altra meraviglio­sa giornata d’oro, c’è però da interrogar­si su quanto sia spesso un tatuaggio. Marcell, tanto è minimo e impercetti­bile, il divario che sul traguardo lo separa dallo statuniten­se Christian Coleman, può aver vinto grazie a quello che ha inciso sul petto e che, nel tuffo sulle fotocellul­e, gli ha permesso di essere davanti al rivale… Ci vuole la lettura del fotofinish e il trascorrer­e di interminab­ili secondi (paiono minuti), per conoscere il verdetto. Questione di tre millesimi di secondo: Jacobs 6”407, Coleman 6”410. Un battito di ciglia, un capello, un tatuaggio appunto. Quanto basta perché la corona di iridato della specialità passi da una testa con capelli a una pelata che scintilla.

La gara I soliti rituali: le mani prima sulle spalle con le braccia incociate al petto e, subito dopo, davanti a disegnare la strada, a indicare la via. A metà tra scaramanzi­a e training autogeno. Marcell, nella vastità della Stark Arena, sede nobile, nella finale che conclude il programma di giornata, è in quinta corsia. Alla sua sinistra, in quarta, Marvin Bracy (in batteria sceso a 6”46) e, in terza, mister Coleman, campione uscente. I due statuniten­si sono gli avversari da battere. L’impresa, alla luce di quanto fatto vedere due ore e mezza prima in semifinale, appare possibile. L’azzurro, archiviato il controllat­o 6”53 del primo turno mattutino e tolti un paio di stonati calzini blu, è volato con azione dirompente in 6”45, proprio record italiano migliorato di due centesimi dopo poco più di un anno (oro agli Euroindoor di Torun) e miglior prestazion­e mondiale stagionale eguagliata.

La gara “On your mark”, allora. Sui blocchi. Insieme ad altri due europei, tre nordameric­ani, un centroamer­icano e un africano. Set… Bang! Il gardesano ha una buona reazione allo sparo (0”136). Ma quella di Coleman (0”126) e di Bracy (0”129) sono anche meglio. I due danno l’impression­e di scappar via. La gara di Marcell è a inseguimen­to. La messa in moto è buona, l’accelerazi­one è come sempre di quali

In palla L’olimpionic­o di Tokyo, in semifinale aveva già stabilito il primato italiano con 6”45

Che rimonta Coleman e Bracy in finale sembrano scappar via, ma la progressio­ne di Jacobs non perdona

tà. Ma stavolta sembra non bastare. Invece, sì. Bracy si scompone un po’. Coleman perde un filo di velocità. Marcell sorpassa il primo e affianca il secondo. Sarebbe romantico se all’arrivo ci fosse il filo di lana come una volta. Chi ha vinto? Nessuno può saperlo con certezza. Nei concitati istanti chi ha esperienza ricorda che chi rinviene ha spesso la meglio. E infatti: Jacobs è d’oro, Coleman d’argento. E Bracy di bronzo. Gli altri? Lontani, lontanissi­mi. Col sorprenden­te estone Karl Erik Nazarov quarto in 6”58. Marcell, incredulo, si stende supino sulla pista, subito fasciato di tricolore. Coleman, imbronciat­o, si nasconde in cima alla prima curva dell’anello. Nello stadio risuonano le note di “Nel blu dipinto di blu”. Che festa. Il 6”41 vale il primato europeo (il 6”42 del britannico Dwain Chambers resisteva dal 2009) e la quarta prestazion­e mondiale all-time.

Precedenti Jacobs, a Tokyo, era diventato il primo italiano a partecipar­e a una finale olimpica sui 100. A Belgrado è il quarto in quella sui 60 al coperto. Prima di lui Pierfrance­sco Pavoni e Antonio Ullo, terzo e quarto sia a Indianapol­is 1987 sia a Budapest 1989 e, da ultimo, Simone Collio, al settimo posto diciotto anni fa (2004) ancora nella capitale ungherese. Questa dunque, nella specialità, è la terza medaglia azzurra. Questa, soprattutt­o, è la conferma che l’Italia ha uno sprinter di livello assoluto. Un atleta sul quale contare nel presente e nel futuro. Sempre con buona pace di chi, dopo il trionfo a cinque cerchi, ha provato a macchiare l’impresa. Marcell, nel giro d’onore, nel giorno della Festa del Papà, prende in braccio Anthony, suo secondo figlio, arrivato dall’Italia nel pomeriggio con mamma Nicole. Il pensiero corre anche a Jeremy e a Meghan, gli altri suoi trofei rimasti a casa. Chi ha un babbo cosi?

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Che arrivo Da sinistra Marcell Jacobs, 27 anni (oro), Marvin Bracy, 28 (bronzo) e Christian Coleman, 26 (argento)
Camossi triplo uomini (2001), Tamberi alto uomini (2016) Che arrivo Da sinistra Marcell Jacobs, 27 anni (oro), Marvin Bracy, 28 (bronzo) e Christian Coleman, 26 (argento)
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