La Gazzetta dello Sport

Handanovic & co. leader spariti... Il club ha bisogno del loro carisma

- Di Filippo Conticello

Simone e i suoi soldati

Lautaro Martinez, 24, tra Samir Handanovic, 37, e Simone Inzaghi, 45

“Dove sono nascosti i leader dell’Inter?”, si chiede sui social il tifoso medio interista, emotivo più degli altri: era sicuro di aggiungere un’altra stella sul petto e, adesso che il sogno rischia di andare in frantumi, cerca di razionaliz­zare la follia dell’ultimo mese e mezzo. Al netto degli umori della piazza e dei primi fischi di sabato a San Siro, è comunque lecito chiedersi dove siano quei nerazzurri a cui Inzaghi dovrebbe affidarsi soprattutt­o adesso che la barca ondeggia nella tempesta. Quelli che hanno quasi l’obbligo di attrarre la palla a sé quando scotta. Nelle ultime partite in cui i nerazzurri si sono smarriti e hanno perso coraggio e certezze, la mancanza di leadership si è vista in maniera evidente: i campioni d’Italia hanno scoperto di non possedere più una dote imprescind­ibile per la vittoria.

Ora urla

Samir Handanovic, ad esempio, ieri ha salvato la pelle su Ikoné: se non avesse murato sul folletto francese, le chance di scudetto sarebbero perfino più ridotte di così. Lo sloveno interpreta il ruolo di capitano in maniera diversa da tanti altri colleghi: è silente, austero, serissimo, ma poco comunicati­vo. Questo carattere è perfetto quando le vittorie arrivano copiose, come a fine 2021, ma è meno efficace quando servirebbe una scossa rumorosa per tutta la compagnia. All’Inter gradirebbe­ro qualche suo urlo in più in questo particolar­e momento storico. Samir è, però, impegnato su un altro tavolo: tesse la trama per un rinnovo di contratto che è possibile ma non scontato. Nonostante abbia alternato miracoli a papere anche in questa stagione, lo sloveno dovrebbe far da balia ad André Onana, il portiere del futuro preso dall’Ajax che va costruito soprattutt­o dal punto di vista tecnico. Anche accettare questo scomodo dualismo, governare la transizion­e senza creare ulteriori frizioni, sarebbe

una prova di vera leadership.

Quei rinnovi Nei mesi in cui tutto era rosa e fiori, l’Inter aveva battezzato i suoi uominisimb­olo usando la leva dei rinnovi: adeguare certi contratti al nuovo status di campioni di Italia era in qualche modo necessario, ma presuppone­va un investimen­to non solo economico ma simbolico. Quasi sentimenta­le. Ad esempio, a scudetto appena vinto, Alessandro Bastoni aveva allungato fino al 2024 con un nuovo contratto da quattro milioni, bonus compresi. La mossa sul mancino della difesa era solo l’inizio, perché anche altri compagni hanno subito lo stesso lauto trattament­o. Il rinnovo di Lautaro Martinez è arrivato a fine ottobre: l’argentino ha firmato fino al 2026 a sei a stagione e senza più clausola. Se c’era un modo per farlo re dell’attacco nel dopoLukaku, eccolo nero su bianco. Il nuovo contratto di Barella è diventato ufficiale subito dopo, a novembre: fino al 2024 stipendio da 4,5 milioni a salire ed è come se la fascia sia iniziata ad arrotolars­i al braccio di Nicolò. Per ultimo arriverà Brozovic, la cui firma è ormai in cassaforte, ma la cui dipendenza è patologica: l’Inter non conosce più vittoria senza di lui. Al netto della centralità del regista croato, i tre nerazzurri rinnovati in tempi diversi sono diventati autentici simboli dell’Inter di Simone. La squadra si è specchiata a lungo nel coraggio di Bastoni creatore fino ai limiti dell’area avversaria, nella capacità tambureggi­ante di Barella tra centrocamp­o e attacco, nelle doti balistiche del Toro Martinez. Al netto di qualche guizzo qua e là, nel calo interista ci sono però dentro tutti e tre, chi più, chi meno. Eppure, per carisma e rendimento, dovrebbero guidare squadra e spogliatoi­o: uscire da questo buio, ritrovare la luce, dipenderà da loro e non soltanto da Simone.

Il messaggio Il club ha investito sui rinnovi di Bastoni, Barella e Lautaro: si aspetta personalit­à

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