«Campo impresentabile, dovevamo capirlo prima»
«L’eliminazione dal Mondiale ci ha toccato. Se si potesse fare metterei l’obbligo degli italiani nelle rose di A»
Non è stata la solita, spigliata Under 21. Intensità e fisicità degli avversari, la condizione di tanti azzurrini che giocano poco, quattro mesi dall’ultima partita insieme, il campo di patate. Paolo Nicolato lo sa: «Sì, è stata una concomitanza di fattori, tutti importanti. Il campo era impresentabile per questi livelli: non hanno tagliato l’erba, non l’hanno bagnato né rullato. Forse è stata una scelta strategica ma dobbiamo accettarlo. Noi abbiamo la colpa di non averlo capito, o di averlo capito tardi, solo nell’ultima mezzora. Abbiamo cercato di giocare un calcio che non era adatto: impossibile fare passaggi rasoterra, esprimere qualità in queste condizioni era difficile. Abbiamo poi provato a tentare un attacco più diretto, ma non riusciamo a modificare il nostro comportamento in così breve tempo. Non abbiamo le caratteristiche e nemmeno la formazione per fare una partita diversa. Abbiamo però avuto il merito di rimanere in partita, di provare, ma è stata più una spinta di volontà. Il pareggio è un risultato giusto, anzi il Montenegro ha avuto momenti in cui ci ha messo in difficoltà. Su un campo così si dovrebbe giocare un calcio di seconde palle, di profondità, atletico, e in questo siamo inferiori al Montenegro».
Crisi nazionale Inevitabile, poi, tornare sull’eliminazione dell’Italia dal Mondiale: «Emotivamente non era una partita facile da preparare, questa. Ci teniamo all’azzurro, la sconfitta è una cosa che ci ha toccato». E il panorama non può che allargarsi poi alla denuncia che lo stesso c.t. ha avanzato riguardo al modesto spazio che i giovani italiani hanno nel nostro campionato: «Non occorre essere profeti per vedere quello che sta accadendo. L’occasione di cambiare c’è, ma non è tagliando qualche testa che si cambia qualcosa, il problema è molto più profondo. Ci sono cose che vanno fatte, che daranno risultati non domani né dopodomani, ci vorranno anni. Noi siamo fermi da un bel po’. Quattro anni fa abbiamo reagito all’esclusione dal Mondiale solo con polemica. A criticare siamo bravissimi, quando c’è da correre e da lavorare possiamo migliorare, diciamo. Non vinciamo con la scritta Italia. Bisogna onorare quella scritta, ma la tradizione del passato non ci dà garanzia del futuro. La Nazionale è la punta di un iceberg che è quasi totalmente sommerso. Non possiamo pensare di risolvere il problema partendo da sopra, il sopra è il risultato del lavoro che viene fatto nella parte sommersa. Obbligo di un certo numero di italiani in rosa? Se dal punto di vista regolamentare si potesse fare, io lo introdurrei. Dobbiamo lavorare per ritrovare in 4–5 anni competitività. Serve pazienza, cosa che in Italia manca».